La truffa Volkswagen? Solo l’ultimo di una lunga serie di scandali tedeschi

Il mondo virtuale dell’immagine ovvero il bluff della superiorità tedesca

Non sono stato affatto sorpreso dallo scandalo Volkswagen negli USA perché nello scorso mese di luglio per rispondere ad un commento di Gianca, che sottolineava il deficit di credibilità del nostro paese e del sud Europa in generale, ho effettuato una ricerca tramite Google sugli scandali made in Germany.

I risultati (vedi sotto) sono stati per me sorprendenti e non solo per la quantità ma anche per la varietà e la qualità degli scandali, di cui per la maggior parte non ero a conoscenza (o non avevo memorizzato).

Inutile dire che dopo questa immersione l’immagine dei tedeschi è notevolmente peggiorata ai miei occhi. Non ho mai pensato che fossero dei santi, ma ne sottostimavo il grado di immoralità e corruzione. 

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Il deficit di democrazia della UE e la gestione finanziaria della Grecia

Il salvataggio delle banche francesi e tedesche fatto passare per “aiuti” alla Grecia

Tranquilli, la Grecia non è il soggetto principale di questo post, so che siamo in overdose e per di più temo che anche in autunno sarà nuovamente un argomento caldo. Voglio invece parlare di un aspetto della (Dis)Unione europea che ho finora trascurato e che posso definire senza mezzi termini come Deficit di Democrazia. E l’esempio da cui partire è il modello di gestione finanziaria della Grecia adottato dalla leadership dell’EuroZona e ben rappresentato in questo grafico tratto da Info Data Blog de il  Sole 24 ORE . Che adesso andiamo a leggere insieme

Cominciamo dalla parte alta (istogrammi blu chiaro) che ci dice qual’era l’ammontare dei prestiti concessi alla Grecia a fine 2009 dalle banche commerciali private dei principali paesi dell’Eurozona. In totale si tratta di 132 miliardi, quelle più esposte erano quelle francesi (quasi 79 miliardi) poi quelle tedesche (45 miliardi).
Non esisteva invece a fine 2009 alcun finanziamento da parte dei governi dell’EZ verso quello greco.

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La democrazia di serie A e di serie B

Oggi Repubblica.it pubblica un articolo di Raffaele Ricciardi che si avvale della chiara infografica sotto riportata, da cui si evince che lo strombazzato “salvataggio” – in realtà principalmente rimborsi ai creditori e un po’ di sovvenzioni a fondo perduto che non solleveranno l’economia greca dal peso dell’EuroMarco e dell’Austerità – deve ancora essere definito. Il primo e più importante passo per poter procedere ai successivi è quello di domani e andrà in scena nel Parlamento di Atene 

Ma, da tutt’altro punto di vista, quello che colpisce di più del grafico sono i passaggi numero 3 e numero 6, che evidenziano come la Costituzione o le leggi di alcuni paesi europei prevedano che accordi così importanti per l’intera comunità non siano lasciate nelle mani del governo in carica, ma richiedano l’approvazione degli delegati democraticamente eletti in Parlamento. 

E’ vero che intorno al concetto di democrazia vera o presunta tale ci sarebbero molte cose da dire, ma è indubbio che sottoporre alcune decisioni ad una assemblea è cosa ben diversa che dare una delega in bianco ad un ristretto gruppo di politici, che spesso si riduce ad uno solo.

Ecco i paesi della serie A della democrazia: Germania,Olanda, Estonia, Finlandia, Austria e Slovenia, i primi quattro dei quali richiedono addirittura un secondo passaggio di  verifica finale. 

Ma per noi non c’è problema, abbiamo lo statista GhePensiMi versione 2.0 che provvede in nostra vece.

Lunedì 13 luglio, ore 8 – La furia notturna della Merkel contro Tsipras e i greci

Il vertice europeo di ieri è ancora in corso (Aggiornamento delle ore 15 in coda al post)

L’ultimatum-missile della Merkel

Improvvisamente ieri a Bruxelles il falco Schauble è diventato un piccioncino in confronto alla Merkel versione panzer. Angela ha spiazzato tutto il politicame europeo che si aspettava una sua posizione di mediazione, visto che già le richieste dell’Eurogruppo dell’altro ieri erano peggiorative rispetto alla proposta di qualche giorno prima di Tsipras, che a loro volta erano più pesanti di quelle ante referendum di una settimana fa, le quali avevano poco in comune con il programma politico di Syriza con cui Tsipras ha vinto le elezioni di gennaio. 

Invece ecco le imperiose schiaccianti richieste della cancelliera (affiancata da Olanda, Slovacchia, Finlandia ed altri), alcune delle quali da attuare entro pochi giorni nel Parlamento greco, una vera capitolazione. Le implicazioni economiche, patrimoniali e politiche equivalgono ad un missile puntato alla testa del popolo greco. Ecco le principali: creazione di un fondo che racchiuda patrimonio della Grecia per 50 miliardi di euro, a garanzia delle privatizzazioni promesse da Atene; la reintroduzione dei licenziamenti collettivi, la revisione della contrattazione collettiva, il ritorno della Troika ad Atene e l’intera riforma del codice civile. 

La Merkel sta “giocando” pesante, contro Tsipras e i greci, ma anche contro la volontà di Francia e degli Stati Uniti, che non vogliono perdere le basi militari greche, che stanno diventando ancor più strategiche vista la piega che sta prendendo l’altro paese-chiave della Nato in quella area mediterranea, la Turchia.

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Referendum Grecia: se vince il Sì sarà “merito” di Draghi

La BCE e l’arma Emergency Liquidity Assistance

Cos’è e come funziona l’ELA.
I fondi ELA sono fondi di emergenza autorizzati dalla BCE ed erogati dalla banca centrale del paese destinatario che necessita dell’aiuto finanziario.

Non sono gratuiti hanno un tasso del 1,55%. La Grecia non può più accedere, per decisione presa dalla BCE all’indomani della vittoria elettorale di Tsipras di gennaio scorso, al finanziamento diretto presso la BCE il cui costo sfiora lo zero.
Si trattava in effetti di una deroga alle regole della BCE perché i titoli ellenici che le banche davano in garanzia non avevano una sufficiente affidabilità di mercato. Quello che valeva per il precedente governo Samaras non valeva per il nuovo governo Tsipras. Potere dei banchieri centrali!

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Joseph Stiglitz: “Il problema è l’Europa, non la Grecia”

Il Premio Nobel per l’Economia: Euro e Austerità hanno diviso i popoli europei anziché unirli. E’ una follia che deve finire. Altrimenti le economie dei paesi periferici e i loro popoli continueranno a soffrire


Joseph Sti­glitz
 è pro­fes­sore alla Colum­bia Uni­ver­sity di New York, autore di diversi libri e saggi, è stato capo eco­no­mi­sta della Banca Mon­diale fino al 2000. Nel 2001 ha rice­vuto il pre­mio Nobel per l’economia. Lui, Paul Krugman e Nouriel Roubini sono i più illustri eurocritici di una folta schiera d’oltre Atlantico.

Nello scorso gennaio ha scritto un articolo pubblicato sul Forum on-line Social Europe e replicato con qualche variante a fine febbraio su Time. Eccolo in versione ridotta, per quella integrale seguite i link precedenti.

Secondo i dati eco­no­mici più recenti, sia gli Stati uniti che l’Europa stanno mostrando segnali di ripresa, anche se è pre­sto per dichia­rare la fine dalla crisi. Nella mag­gior parte dei paesi dell’Unione euro­pea, il Pil pro capite è ancora infe­riore al periodo pre­ce­dente la crisi: un intero decen­nio per­duto. Die­tro alle fredde sta­ti­sti­che, ci sono vite rovi­nate, sogni sva­niti e fami­glie andate a pezzi (o mai for­ma­tesi), un futuro quanto mai pre­ca­rio per le gene­ra­zioni più gio­vani, men­tre la sta­gna­zione – in Gre­cia la depres­sione – avanza anno dopo anno……… Continua a leggere

Il fantasma greco

Ecco un brillante esempio di disinformazione sul secondo default della Grecia.

Ogni giorno un profluvio di informazioni, analisi e dibattiti sull’Unione Europea e su CambioFissoEuro inondano le orecchie e i cervelli di indifesi cittadini. Indifesi da che? Da omissioni, deformazioni, luoghi comuni, mancanza di professionalità, ignoranza o addirittura falsità, che creano una visione artificiale nella mente dell’ascoltatore.

No, non è un mega complotto, la maggior parte degli interpreti di questo folcloristico palcoscenico è in buona fede, sono pedine inconsapevoli, ma sempre di deformazione si tratta. Certamente qualcuno vuole che questo accada ed usa il potere politico-finanziario-mediatico di cui dispone.
Ecco un esempio, e non dei peggiori, di ciò che intendo: questo breve articolo pubblicato sull’ultimo numero di OGGI e scritto da Danilo Taino, corrispondente da Berlino del Corriere della Sera. Preciso peraltro che stimo molto Umberto Brindani, il direttore del settimanale, che esprime le sue idee su questo blog settimanale, parte integrante di OGGI.

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Simon Black/4-E’ il momento storico in cui gli Stati Uniti stanno perdendo il proprio ruolo

Seguiamo anche oggi il pensiero di Simon Black, forse discutibile nei toni e nella tempistica da lui prevista per cambiamenti in atto ma non nella direzione del “reset”. Che già oggi non riguarda solo gli USA, ma anche Europa e Giappone e nell’arco dei prossimi 20-30 anni (tanto per fare il Casaleggio) toccherà all’intera umanità essere via via sempre più impegnata nella ricerca di un interscambio equilibrato tra la propria vita e quella della Terra.
US-politics

20100202-sov By SIMON BLACK                       Learn how to be free

6 aprile 2015                                                                       Santiago, Cile

La scorsa settimana, il governo cinese ha chiuso la finestra aperta per aderire come membri fondatori alla sua nuova Asian Investment Bank Infrastructure (AIIB).

La AIIB, se non ne avete ancora sentito parlare, è stata progettata essenzialmente per spodestare il FMI e la Banca Mondiale controllate dal mondo occidentale.

E prima del termine ultimo di martedì scorso, decine di nazioni in tutto il mondo, dalla Nuova Zelanda alla Danimarca hanno firmato per aderirvi.

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Le tasse scendono, gli asini decollano – di Mario Seminerio

Mario Seminerio, analista macroeconomico e operatore finanziario (maggiori informazioni qui), è titolare del blog PhastidioIl 2 aprile scorso ha pubblicato il post che riporto integralmente. 

Le tasse scendono, gli asini decollano

Pubblicato oggi da Istat il conto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche. Quello che interessa ai nostri fini non è però la fotografia del quarto trimestre quanto quella dell’intero 2014. Da cui si evince quello che da sempre vi viene detto da questi inutili pixel: non esiste una cosa chiamata riduzione della pressione fiscale. E se c’è stata, è costata cara in termini di inefficienza del suo impatto sulla crescita economica.

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Simon Black/3-I debiti di studio, pesante fardello dei giovani americani

Il debito, da carburante a droga dell’economia capitalistica mondiale. E l’Italia non è affatto, come vogliono farci credere, tra i paesi più indebitati. Due post in uno del Prof

Nella moderna società del capitalismo industriale e finanziario coloro i quali, privati o banche, dispongono di capitali hanno sostanzialmente 4 modi per metterli a frutto che sono più o meno collegati con l’economia reale: 1) investire per creare o potenziare un’impresa, e accrescere il capitale generando un profitto 2) investire nel mercato immobiliare o per uso personale o per arricchimento via compravendita 2) prestarlo a credito al mondo produttivo o  alle famiglie o a qualche governo per ottenere un interesse 4) investire nei mercati finanziari più o meno a rischio/speculativi in cui i pesci più grossi – meglio informati e magari anche coalizzati in un gioco delle parti – vincono quasi sempre e il parco buoi dei piccoli molto spesso perde.
L’interconnessione tra produzione e finanza è totale ed immediata nel primo punto poi diminuisce per quasi azzerarsi nel quarto punto. Ma …… se gli attori finanziari del punto 4 sono gli stessi che hanno investito anche negli altri 3 settori, allora una loro crisi generatasi nei mercati finanziari si ribalterebbe sull’economia reale (vi ricorda qualcosa?). E se infine gli attori finanziari in questione sono banche che hanno erroneamente rischiato non con i loro capitali ma con quelli di terzi (depositi dei correntisti), allora al danno sull’economia reale si aggiunge la beffa per i cittadini risparmiatori.
Il problema storico ed epocale in cui siamo immersi e che ci viene quotidianamente nascosto è che alla inevitabile variabilità/oscillazioni del mondo produttivo, che si squilibra da solo se distorce eccessivamente e permanentemente la distribuzione del reddito tra capitale e lavoro, si è affiancata – più violenta, incombente e selvaggia – quella del mondo della finanza. E dato che poco o nulla è cambiato dal 2008 altri terremoti economico-finanziari sono altamente probabili.
Le cause e i meccanismi sono noti, altrettanto vale per gli interventi “tecnici” necessari per porvi rimedio, ma la politica non sta dalla parte del parco buoi, che cerca anzi di confondere e dirottare su piste fasulle e divisive. Sta dalla parte dei “too big to fail”

Il tema affrontato da Simon Black (i prestiti per gli studi universitari) riguarda un sotto-filone del punto 2, che risulterà sorprendente per un lettore italiano, mentre da lungo tempo è una caratteristica del mondo americano. Leggiamo la e-letter del 30 marzo del blogger di Sovereign Man, per poi formulare un commento.
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