La geopolitica: dal governo M5S/Lega a quello M5S/PD – Parte seconda

Quando il Padrone Atlantico non tollera trasgressioni (in politica estera). Parte II

Ambasciatore Eisenberg Archivi - Ambasciata e Consolati degli Stati Uniti d'America in ItaliaDalla mia non ortodossa/convenzionale premessa, esposta nella Prima parte di questo articolo (leggi qui), discende un elementare principio: tutto ciò che di importante accade o potrebbe accadere in Italia (e in Europa) è sotto la lente di ingrandimento di Washington (e/o Berlino), che dà l’approvazione o interviene se ritiene che le sue priorità non siano sufficientemente garantite. Applichiamo questo mia ipotesi ai governi Conte1 e Conte2.

Mi servo come base di un elenco di 29 eventi (chissà di quanti altri analoghi non si è avuto notizia) che si succedono tra il 31 Gennaio 2018 e il 2 Ottobre 2019 e che illuminano il lato geopolitico delle recenti vicende governative italiane, con i relativi interpreti nostrani e americani.
Se avete fretta o poca pazienza saltate alla fine dell’elenco, ma perderete l’occasione di vivere i retroscena in cui si sviluppa il Potere. Scoprirete ad esempio il vero ruolo dell’Ambasciatore USA in Italia che non è affatto di rappresentanza ma MOLTO, MOLTO (Nota1) operativo e vi renderete conto di quanto siano svianti, incompleti, vuoti e farlocchi i resoconti e dibattiti che propinano a man bassa i mass media e i talk show ortodossi.
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Trump si appresta a fare l’utile idiota al servizio dell’Elite?

SINTESI – LA DATA DEL 6 LUGLIO 2018 RISCHIA DI PASSARE ALLA STORIA COME L’INIZIO DELLA I GUERRA COMMERCIALE GLOBALE (CHE SCONVOLSE IL XXI SECOLO).
SE CINA ED EUROPA RENDERANNO PAN PER FOCACCIA ALLE MOSSE DELL’AMMINISTRAZIONE TRUMP E SE NON CI SARÀ UNA RAPIDA E RECIPROCA DEESCALATION, L’INTERO MONDO SI POTREBBE TROVARE PRESTO IN UNA RECESSIONE ECONOMICA MAI VISTA PRIMA, CHE INNESCHEREBBE A SUA VOLTA UN CROLLO DA RECORD DEI MERCATI FINANZIARI.
UN ERRORE STORICO DEL FOCOSO TRUMP? FORSE, MA POTREBBE INVECE ESSERE UNA (DIABOLICA) MISSIONE A LUI AFFIDATA.

Qual’è il vero Trump: quello dell’America first e del dialogo con la Russia o quello della guerra dei dazi ad Europa e Cina?

Nei miei articoli sulla neo presidente Trump intravedevo e mi auguravo che il nuovo inquilino di Washington fosse l’interprete ed il portavoce della fazione meno oltranzista e guerrafondaia del gruppo di potere finanziario-politico di Washington. Il fronte opposto a quello rappresentato dalla Clinton.

Non certo una rivoluzione o un’opera umanitaria, più semplicemente un parziale cambio di strategia teso a rinnovare la leadership americana sancita 75 anni fa dalla vittoria della Seconda Guerra Mondiale.

Il pittoresco presidente manifesta la volontà di a) rilanciare l’economia produttiva americana (America first) e b) sul piano geopolitico ridimensionare il ruolo imperialista yankee dei suoi predecessori, anche attraverso una sorta di alleanza con la Russia. Che avrebbe anche l’effetto di contenere la Cina sul piano militare e delle risorse energetiche.

È chiaro infatti che in una lotta a 3, se due si saldano in un’alleanza mettono automaticamente in difficoltà il terzo. Lo stesso principio varrebbe se si alleassero Russia e Cina, per gli USA sarebbe un gran brutto colpo. Potrà sembrare semplicistico, ma le forze sotterranee della geopolitica sono talvolta più lineari e semplici di quello che sembra in superficie. Continua a leggere

Diamo la parola al “nemico” Putin

Come è diverso il nostro mondo, visto da Est ….

Immagine correlataTutti gli anni il forum economico di San Pietroburgo è, teoricamente, l’occasione per ascoltare la versione di Putin – la “grande minaccia per l’Occidente e l’Europa” – sui rapporti con il resto del mondo e, in particolare, con gli Stati Uniti d’America.

Di fatto c’è invece da parte del cartello mediatico occidentale una sostanziale censura, ma possiamo rivolgerci a Youtube e provare ad uscire dalla cappa della informazione nostrana.

1 – L’intervista flop della star televisiva americana Megan Kelly.

Questa video è di due mesi fa. Megan Kelly, anchorwoman di grido della NBC americana, intervista, tra gli altri, Putin al dibattito plenario pubblico del forum di Pietroburgo.

Ci sono i sottotitoli in italiano, non anticipo e non commento nulla. Bisogna solo seguire i 6 minuti e mezzo del botta e risposta. In certi momenti esilarante, tanta è “l’ingenuità” yankee (OK, mi è scappato un piccolo commento)

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Una volta solo i negri erano schiavizzati, ora lo siamo tutti – Paul Craig Roberts

Una visione estrema, su cui riflettere

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Ieri 4 luglio in USA è stato celebrato il 241° anniversario della dichiarazione d’indipendenza (1776) delle 13 colonie americane dall’allora Regno di Gran Bretagna. Un momento storico nel confronto tra le due nazioni, che nei secoli successivi dovevano esercitare nel mondo la loro prevalente supremazia industriale, militare e finanziaria: è stato dapprima il turno della Gran Bretagna (poi Regno Unito), scalzata nel XX secolo dagli Stati Uniti d’America.

Il cambio della guardia – le cui basi si sono sviluppate nella prima metà del secolo scorso – è avvenuto con la seconda guerra mondiale. Non si deve tuttavia sottovalutare l’attuale ruolo geopolitico del Regno Unito, in associazione alla strategia di Washington, ma talvolta anche in autonomia. La vicenda Brexit è probabilmente anche l’espressione di un tentativo di parziale sganciamento dagli USA del Regno di Sua Maestà, in questo secolo che segnerà (in questo e nel prossimo decennio) un deciso passaggio a nuovi equilibri geopolitici.

La plurisecolare esperienza della sua rete di spionaggio e di intelligence, le sua tela di relazioni mondiali tuttora estesa al ex Commonwealth, la storica esperienza e presenza nel Medio Oriente, oltre al peso della moderna piazza finanziaria della City di Londra (connessa al riciclaggio e ai paradisi fiscali), fanno ancora del Regno di Sua Maestà un attore da tenere in tutto rispetto, capace di esprimere una sua linea in questi decenni del XXI secolo.

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I voti musulmani decisivi per la vittoria di Macron?

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La cosa più chiara delle votazioni francesi è che la stragrande maggioranza dei musulmani che si recherà alle urne domenica prossima voterà per Macron.

Vi risparmio i calcoli, ma significa che qualora il candidato del sistema di potere in Francia – che si autodefinisce liberal-centrista e acceso sostenitore della UE anche in versione anti Russia – dovesse vincere con una percentuale inferiore al 53-54%, i voti dei cittadini di religione musulmana (8% dei 68,5 milioni di abitanti) sarebbero decisivi. Continua a leggere

Per Trump tira brutta aria

SIAMO GIA’ PROSSIMI ALLO STATO IN MESSA D’ACCUSA DI TRUMP E ALLE SUE DIMISSIONI?

Questo è un post atipico ma, prima che vengano superate dagli avvenimenti, voglio pubblicare le note che mi sono appuntato pochi giorni dopo il giuramento di Trump del 20 gennaio.

Mi ero posto la domanda: come potrà essere ricordata la presidenza di The Donald in futuro? Ecco cosa avevo scritto il mese scorso:

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Il piano (serio) di Marine Le Pen per uscire dall’Euro

Recupero della sovranità monetaria e della politica economica nazionale, i due pilastri della Frexit lepenista.

In un recente articolo apparso su Bloomberg.coml’articolista Helene Fouqet riporta le dichiarazioni espressa domenica scorsa da Bernard Monot, consigliere economico di Marine Le Pen, a margine del raduno di Lione organizzato per il lancio ufficiale della campagna elettorale presidenziale.

Sono dichiarazioni fondamentali in quanto riguardano a) le modalità di reintroduzione di una moneta francese, b) come gestire il debito pubblico e c) l’approccio della nuova politica economica pubblica.

Il consigliere economico – che è alla testa di una squadra di lavoro di esperti – è consapevole dei rischi del periodo di transizione di una uscita dall’euro e sostiene di avere anche in cantiere un piano di emergenza, nel caso si manifestasse una violenta crisi.

Quanto rivela Bernard Monot è contenuto (in modo più generico) nei 144 punti del programma presidenziale di Marine Le Pen, disponibile on line. Il primo impegno – più simile ad una dichiarazione di intenti – che si assume la candidata francese recita così.

Recuperare la nostra libertà e il controllo del nostro destino, restituendo al popolo francese la sua sovranità (monetaria, legislativa, territoriale, economica).
A tal fine, sarà avviata una negoziazione con i nostri partner europei seguita da un referendum sulla nostra appartenenza alla Unione europea. L’obbiettivo  è l’attuazione di un progetto europeo rispettoso dell’indipendenza della Francia, delle sovranità nazionali e che serva gli interessi dei popoli.

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I due fattori decisivi del primo mandato presidenzale di Trump – II parte: la politica internazionale

La virata geopolitica sullo scacchiere mondiale, la missione affidata a Trump.

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Anticipo che questo è un post di fantapolitica perché non ho uno straccio di prova di quello che scriverò, sono solo armato di un ragionamento induttivo che mi porta a delineare una ipotesi di riassetto geopolitico ad opera della imminente presidenza Trump. Il punto di partenza della mia fantasiosa analisi predittiva (forse più simile alla scenografia di un film, come dice il mio amico Antonio) è infatti la sbandierata volontà di Donald di riavvicinamento alla Russia e di assoluto appoggio ad Israele: potrebbe rivelarsi un bluff o, al contrario, evolvere – ecco la fantapolitica – in una vera alleanza anti Cina. Il gigante economico asiatico si troverebbe soverchiato militarmente e in forte difficoltà di approvvigionamento di energia e materie prime. In altre parole, sotto controllo. Ma non anticipiamo troppo i “ragionamenti induttivi”.

Per una tale evoluzione geopolitica non basterebbe ovviamente la prima presidenza di 4 anni di Trump e neanche la seconda, parliamo di 10-15 anni. Sarebbe allora un parto della prorompente personalità del tycoon newyorkese? Certo che no. Come ho già scritto in precedenza, un Presidente americano è un componente importante ma non autosufficiente di un “team”, al vertice del quale siede la Grande Finanza (a ridaje con la fantapolitica) delle dinastie familiari dell’occidente che controllano la FED e le Banche Centrali – terminologia più corretta: gli Istituti di Emissione/Creazione di moneta.

Prima di esporre la mia tesi geopolitica – se e quanto  fantasiosa o realistica lo diranno gli anni a venire – devo esplicitare una premessa altrettanto fantapolitica, sulla “anomala” vittoria di Trump nelle corsa presidenziale, che mi azzardo a definire pilotata a suo favore. Vediamo come e per quale motivo.

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I due fattori decisivi del primo mandato presidenzale di Trump – Prima parte: la scommessa economica

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Trump non è ancora Presidente, deve essere confermato da almeno 270 dei 307 Grandi Elettori

I giochi non sono completamente fatti per Donald Trump, non è ancora Presidente. Lo diventerà se l’esito del voto del 8 novembre verrà confermato da quello dei Grandi Elettori. Il tycoon americano è decisamente favorito perché dal voto di novembre sono usciti 306 Grandi Elettori del partito repubblicano contro 232 del partito democratico (nonostante la Clinton abbia avuto 2,8 milioni di voti in più di Trump!), con la soglia della conferma a Presidente fissata a 270. Ma teoricamente gli Elettori possono anche smentire la nomina di Trump.

Infatti, come da Costituzione USA, gli Elettori non sono soggetti all’obbligo di mandato, possono astenersi o addirittura votare un altro candidato. Esprimeranno il loro voto segreto oggi 19 dicembre, anzi due distinti voti: uno per il Presidente (Trump) ed uno per il vicepresidente (Pence). Seguirà poi una lunga procedura che porterà all’apertura delle schede il 6 gennaio in una seduta congiunta dei due rami del Congresso (gli Stati Uniti hanno un sistema parlamentare bicamerale perfetto, come il nostro bistrattato Parlamento).

Al momento 1 solo Elettore ha dichiarato che non voterà il tycoon di NY. Ci sono però voci che in 20 sarebbero pronti a votare contro di lui. Il Comitato Nazionale Repubblicano, il partito repubblicano ed la macchina elettorale di Trump stanno …. “mantenendo” i contatti con gli Elettori per contenere le defezioni al minimo, evitando il ricorso ad una procedura veramente complessa per determinare chi sarà il Presidente dei prossimi 4 anni. E’ quindi molto probabile che Trump sarà confermato Presidente ed entrerà in carica il 20 gennaio 2017. Resta interessante vedere quante defezioni ci saranno, credo che stabilirà comunque in questo senso un record storico americano negativo.

Facciamo quindi un balzo in avanti e, in attesa di vedere e giudicare la squadra di governo che il magnate newyorkese sta mettendo insieme – anche questa soggetta in parte a successiva conferma del Congresso – concentriamoci sui due fattori che nei prossimi 4 anni saranno, a mio parere, decisivi sia sul piano dei risultati sia per la sua rielezione per il quadriennio successivo 2020-2024. Il primo è quello del rilancio dell’economia, il secondo è quello della politica internazionale, che esaminerò nella seconda parte di questo post.

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Il mio grande NO alla riforma costituzionale

Comincio con una domanda ed una risposta importanti. Perché votiamo il referendum costituzionale? Perché in Parlamento non si è raggiunta la maggioranza di due terzi necessaria per far passare qualsiasi riforma costituzionale e si deve quindi interpellare il popolo. Lo strumento è il referendum confermativo, per il quale non è richiesto né il quorum dei votanti, né una maggioranza qualificata. 

Brutta partenza per una riforma di questa portata, che infatti sta spaccando anche l’opinione pubblica, l’esito finale al fotofinish scontenterà all’incirca metà degli italiani. Ma per Renzi questi risvolti non contano, si gioca tutto, questa è la sua partita personale per la conquista del potere e per la sua definitiva affermazione e benedizione da parte degli ambienti internazionali che contano.

In un recente articolo il prestigioso settimanale inglese The Economist si è schierato a sorpresa per il NO.

A me poco importa, il mio convinto NO era preesistente, ma è comunque interessante leggere l’articolo dell’Economist, nel quale ho evidenziato in grassetto i punti che mi sembrano più significativi. Aggiungerò poi in coda un commento e altre importanti argomentazioni del mio voto. 

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