SIAMO GIA’ PROSSIMI ALLO STATO IN MESSA D’ACCUSA DI TRUMP E ALLE SUE DIMISSIONI?
Questo è un post atipico ma, prima che vengano superate dagli avvenimenti, voglio pubblicare le note che mi sono appuntato pochi giorni dopo il giuramento di Trump del 20 gennaio.
Mi ero posto la domanda: come potrà essere ricordata la presidenza di The Donald in futuro? Ecco cosa avevo scritto il mese scorso:
jhjhjhj
1) Come il quinto Presidente americano assassinato, dopo Abramo Lincoln (1865), James Garfield (1881), William McKinley (1901) e John Kennedy (1963).
I suoi nemici giurati sono il complesso militare/servizi di intelligence (CIA in testa) alleati con il coagulo politico neo-conservatore, fautori della aggressiva strategia americana in economia-finanza e in geopolitica degli ultimi 25 anni.
2) Come il secondo Presidente costretto a dimettersi per messa in stato di accusa (impeachment), dopo il Nixon del 1974.
I fronti su cui può essere attaccato sono: collegamenti con ambienti russi già durante la campagna elettorale, conflitto di interessi imprenditoriali nel mondo, scandali personali.
3) Come un Presidente che fa solo il primo mandato e viene bocciato nel secondo perché, con il suo stile da showman e la sua precaria squadra di lavoro, fa male in politica ed economia interna e/o in geopolitica (Russia e Cina). Sarebbe il 6° Presidente a non essere riconfermato, da un secolo in qua (Taft nel 1914, Hoover nel 1934, Ford nel 1976, Carter nel 1980 e Bush senior nel 1994)
4) Fa due mandati e lascia un ottimo ricordo storico in materia di: sviluppo posti di lavoro in USA, miglioramento Obamacare, distensione con la Russia, controllo del terrorismo islamico, riduzione della tensione in Medio Oriente, anche contenendo l’espansionismo di Israele.
Mantiene gli storici buoni rapporti con l’Arabia Saudita, consolidando la posizione del Dollaro come valuta di riserva mondiale.
Tiene a freno la finanza speculativa, migliorando il Dodd-Frank Act di Obama.
Spinge la Germania ad una leadership condivisa e non autoritaria e all’avvio della trasformazione della UE/Eurozona in una vera Federazione Europea.
Nell’insieme la globalizzazione di Trump assume forme e intensità fisiologiche e non più quelle patologiche manifestate da quando è nata 25 anni fa.
5) Fa due mandati e lascia una pessima eredità storica in materia di: economia interna, lavoro e assistenza sanitaria.
L’ambiente viene seriamente ed irrimediabilmente danneggiato dalle sue scelte energetiche.
Non trova un accettabile modus vivendi con il giovane Saud che governa l’Arabia Saudita, mettendo in discussione il ruolo del Dollaro che subisce attacchi speculativi.
Libera la finanza dai già deboli vincoli posti dalla riforma Dodd e si ripresenta una violenta crisi.
In geopolitica segue la linea degli ultimi 25 anni, ma così facendo consolida l’asse Russia-Cina-Iran e rafforza le premesse per una possibile conflitto mondiale.
E’ scontato che il mio auspicio/desiderio fa riferimento all’ultra ottimistico punto 4, che avevo approfondito in questi due post (qui e qui)
LE DIMISSIONI DI MICHAEL FLYNN, CONSIGLIERE PER LA SICUREZZA NAZIONALE. UN COLPO DA KO?
Queste dimissioni ci indirizzano verso la seconda ipotesi tra quelle elencate sopra, per le modalità con cui si sono svolte e le cause che l’hanno generata (leggi qui) . Gli sviluppi sono in corso, ma è inequivocabile che Donald ha accusato il colpo, è azzoppato. Ha perso il suo smalto, come conferma la sua ridicola posizione da Ponzio Pilato nell’incontro con Netanyahu (“Israele e Palestina? Uno Stato o due è la stessa cosa”). Anche il fondamentale avvicinamento alla Russia sembra messo in soffitta.
Tutti e 5 gli scenari sono, volutamente, rappresentazioni estreme; la realtà sarà una miscela dei vari fattori elencati, o di altri mancanti.
Utilizzando una analogia letterario-cinematografica dei due estremi: Trump passerà alla storia come il Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento o come lo Zorro che toglie ai forti per aiutare i deboli? O ancora: come una meteora apparsa casualmente? Non ci resta che vivere qualche anno, o forse solo qualche mese, della Trumpiade in corso.
IL “POPULISMO” DI TRUMP NON E’ CASUALE E NON FINIRA’ CON LUI.
Non vorrei dare l’impressione di considerare Trump una figura di passaggio e di scarso rilievo, tutt’altro. Come la Brexit e i vari fronti “populisti” Donald è il frutto storico di 25 anni di globalizzazione selvaggia. Alan Greenspan, 91enne ex “Maestro” e Presidente della FED americana tra il 1987 e il 2006, in una intervista televisiva rilasciata ieri, ha così definito il populismo economico:
Populismo non è una filosofia economica strutturata come il capitalismo, socialismo o comunismo. Ma è un grido di dolore del popolo verso qualche leader che possa sorgere per prendersene carico e alleviare il dolore
Come e perché Trump si sia manifestato in America come interprete del grido di dolore, se ha alle spalle un fronte dei centri di potere o sia una confluenza di fattori casuali, se sia sincero o stia recitando il ruolo di Zorro, ce lo dirà la storia. Il suo discorso inaugurale (scritto da lui e tutto pronunciato a braccio) di cui ho proposto una sintesi di 5 minuti in testa all’articolo, affronta problemi reali e non campati per aria! E che sono in essere e in movimento continuo.
Ma quello che è chiaro ai miei occhi è che l’intero Occidente è immerso in un populistico stadio storico e chi lo liquida in modo sprezzante, o fa parte dell’élite che trae vantaggio dalla globalizzazione vista sinora, o è un inconsapevole autolesionista per sé stesso e per le prossime generazioni. Demonizzare il populismo è molto semplice e comodo. E non entro nel merito morale della questione.
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