Sta succedendo qualcosa di molto strano/1

Ho la netta sensazione che siamo alla vigilia di grandi avvenimenti e cambiamenti a livello mondiale nel campo economico-finanziario e, ancor di più, in quello geopolitico.
Il sottotitolo più appropriato di questo post (in realtà una serie) è infatti: “Come, a mio modo di vedere, la seconda fase storica dal dopoguerra iniziata a fine anni Ottanta con la caduta del Muro di Berlino e con il parallelo decollo della Cina, si sia ormai conclusa e si stia avviando una terza fase  di lotta per la supremazia economica, finanziaria e militare nel mondo“.
La potrei anche porre con una più semplice domanda: ” Riuscirà l’America, leader delle due fasi trascorse, a mantenere la sua supremazia?”
Svilupperò prima il tema economico-finanziario poi quello geopolitico e per entrambe i temi la sequenza degli argomenti sarà: 1) la situazione attuale e la sua genesi storica 2) la nuova fase che sta iniziando e le sue tendenze. In tutto quindi 4 post. Ecco il primo.

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L’insopportabile Tsipras, dirà mai la verità?

Sto uscendo da un agosto impegnativo, che mi ha lasciato poco tempo per il blog. Riparto ora prendendo a spunto questo snello e condivisibile post di Marcello Foa che riporto di seguito, per esprimere poi il mio commento.

Non sopporto più l’ipocrisia di Tsipras, l’uomo che aveva acceso le speranze di una vera svolta democratica in Europa per poi ridursi ad applicare le riforme della Troika che il popolo gli aveva dato mandato di combattere. Ora si è dimesso. Troppo tardi, mi vien da dire. O troppo presto. Già, perché andare alle elezioni il mese prossimo, subito dopo la svolta pro establishment europeo di Syriza, significa, di fatto, impedire alle forze antieuro di organizzarsi. A questo punto che vinca Syriza o il centrodestra di Neo Demokratia o i socialisti poco importa: applicheranno la stessa politica di rigore che ha dissanguato la Grecia. E il popolo sarà privato di una vera alternativa, considerata l’improponibilità di Alba Dorata e altre formazioni estremiste.

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L'”esito” della missione del ministro di Obama in Europa

Angela Merkel speaks to ARD on 19 July 2015

I segnali della visita del Ministro del Tesoro Jacob Lew

La foto che vedete è forse il segnale più significativo del passaggio del ministro del Tesoro americano Jack Lew in Europa di due settimane fa. Ricordo che si è trattato di una visita lampo (16 e 17 luglio) , inaspettata ed accompagnata dal totale silenzio su contenuto ed esito degli incontri con i vertici politici tedeschi e francesi. Il tema ufficiale da discutere era la ristrutturazione del debito, che vede il FMI (gli USA) su posizione contrapposta a quella della Germania.

Nell’immagine vediamo Angela Merkel durante l’intervista concessa domenica 19 luglio alla televisione tedesca ARD, che non è passata inosservata perché la cancelliera ha ipotizzato la concessione di facilitazioni al debito della Grecia, come l’allungamento dei tempi di rimborso e tassi più bassi. Ha confermato invece il nein ad ipotesi di taglio del capitale prestato (“un haircut classico del 30-40% non ci può essere all’interno dell’unione monetaria”).

Altri segnali del passaggio del ministro americano sono i seguenti

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Che fine ha fatto il Ministro del Tesoro americano?

Siamo su Scherzi a parte o a Chi l’ha visto?

La missione del Ministro del tesoro Lew in Europa si è conclusa, ma non è stato diramato alcun comunicato stampa dei 3 incontri in programma con Draghi, il governo tedesco e quello francese. E’ vero che giovedì Draghi ha reso noto la sua posizione favorevole alla ristrutturazione del debito greco ed ha forzato il Consiglio Direttivo della BCE a riaprire i rubinetti ELA verso la Grecia. Sull’incontro con Lew però non ha detto nulla.

Uguale silenzio tombale sui due altri incontri programmati a Berlino e Parigi con la leadership tedesca e francese. Sono stati annullati? Si aspetta il suo rientro a Washington per emettere un comunicato?

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Dopo il dissenso del FMI sul piano Grecia, Obama manda il suo ministro in Europa

L’Europa geopolitica del dopoguerra ad un passaggio importante

Nei giorni scorsi è stato reso pubblico il dissenso del FMI sull’ennesimo piano di “salvataggio” della a Grecia, concordato nel summit notturno di domenica scorsa dei capi di Stato e di Governo europei. L’istituto di Washington sostiene che, in assenza di una ristrutturazione del debito, l’effetto della politica economica di austerità (come nel 2010 e nel 2012) non potrà fare ripartire l’economia e l’occupazione in Grecia, condizione indispensabile per rendere sostenibile il debito. L’ennesimo centinaio di miliardi di “aiuti” (debito) servirebbe a rimpiazzare il debito esistente a scadenza, pagare gli interessi e solo quote marginali entrerebbero effettivamente nelle casse pubbliche elleniche

La sorpresa della missione del ministro del tesoro americano in Europa

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BREAKING NEWS – Il FMI si dissocia dal piano UE salva Grecia

BBC News: il Fondo Monetario Internazionale attacca la UE sui termini dell’accordo

Non solo la bozza di accordo siglato lunedì mattina tra Grecia ed UE deve ancora attraversare diverse fasi di approvazione prima di essere reso esecutivo, ma il FMI si dissocia. La notizia è di poche ore fa e non è una sorpresa, bensì una conferma della posizione assunta dal Fondo nelle ultime settimane.

Bisogna infatti risalire a due recenti passaggi. Il primo si è verificato l’11 giugno quando i funzionari di Washington lasciarono bruscamente il tavolo della trattativa perché sostenevano che, senza una fortissima ristrutturazione del debito che lo renda sostenibile, il terzo piano di aiuti non sarebbe servito a rilanciare l’economia greca e alla creazione di posti di lavoro, l’unica vera via di uscita dalla crisi.

Il secondo e ancora più significativo passaggio è del 26 giugno quando sul sito del FMI è stato pubblicato un rapporto ((lo trovi qui e qui invece un articolo del Sole 24ORE) secondo il quale il terzo (in meno di 5 anni) salvataggio in discussione, per essere efficace, deve fare perno su un periodo di “grazia” di 20 anni e un successivo periodo di ammortamento di 40 anni (vedi punto 10 a pagina 12 del rapporto in inglese).

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Lunedì 13 luglio, ore 8 – La furia notturna della Merkel contro Tsipras e i greci

Il vertice europeo di ieri è ancora in corso (Aggiornamento delle ore 15 in coda al post)

L’ultimatum-missile della Merkel

Improvvisamente ieri a Bruxelles il falco Schauble è diventato un piccioncino in confronto alla Merkel versione panzer. Angela ha spiazzato tutto il politicame europeo che si aspettava una sua posizione di mediazione, visto che già le richieste dell’Eurogruppo dell’altro ieri erano peggiorative rispetto alla proposta di qualche giorno prima di Tsipras, che a loro volta erano più pesanti di quelle ante referendum di una settimana fa, le quali avevano poco in comune con il programma politico di Syriza con cui Tsipras ha vinto le elezioni di gennaio. 

Invece ecco le imperiose schiaccianti richieste della cancelliera (affiancata da Olanda, Slovacchia, Finlandia ed altri), alcune delle quali da attuare entro pochi giorni nel Parlamento greco, una vera capitolazione. Le implicazioni economiche, patrimoniali e politiche equivalgono ad un missile puntato alla testa del popolo greco. Ecco le principali: creazione di un fondo che racchiuda patrimonio della Grecia per 50 miliardi di euro, a garanzia delle privatizzazioni promesse da Atene; la reintroduzione dei licenziamenti collettivi, la revisione della contrattazione collettiva, il ritorno della Troika ad Atene e l’intera riforma del codice civile. 

La Merkel sta “giocando” pesante, contro Tsipras e i greci, ma anche contro la volontà di Francia e degli Stati Uniti, che non vogliono perdere le basi militari greche, che stanno diventando ancor più strategiche vista la piega che sta prendendo l’altro paese-chiave della Nato in quella area mediterranea, la Turchia.

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Grexit, un aggiornamento sulle forze in campo

Ad integrazione di quanto ho già scritto (in particolare quiqui e qui), devo introdurre un importante fattore che ho finora trascurato: sulla eventuale Grexit si pronunceranno 18 diversi paesi dell’Eurozona (la Grecia è il 19°). Ammesso e non concesso che alla fine la Germania si pieghi alla volontà di Obama di tenere gli ellenici nell’EZ,  Washington non ha il potere di pilotare tutti i membri dell’EZ seduti intorno al tavolo.

Per spiegarmi con poche parole utilizzo questa immagine di Centimetri, pubblicata in questo interessante articolo de La Stampa di ieri, che non richiede molte parole di commento: la maggioranza (color verde) è chiaramente “maldisposta” verso la Grecia.

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Il NO ha stravinto in Grecia, riparte la giostra geopolitica

IL POPOLO GRECO E LA VITTORIA DEL NO

Il popolo greco ha creduto ed ha dato fiducia al suo Primo Ministro. Il secco No all’Austerità sta rimbombando nelle orecchie di tutti i leader europei e ha dato forza e slancio alla richiesta del loro Primo Ministro per una ristrutturazione del debito, tecnicamente l’unica seria e possibile via d’uscita per la Grecia

Il quesito referendario non verteva sulla permanenza o meno nell’Eurozona, dilemma che non è mai rientrato nel programma politico di Tsipras.

Le proporzioni della vittoria sono inattese (oltre il 61%) i giovani (18-34 anni) sono stati determinanti, con quasi il 70% di No, si tratta di studenti o di lavoratori il cui tasso di disoccupazione raggiunge 50%. Non hanno molto da rischiare chiedendo un cambiamento. Diversamente è andata con gli anziani, sicuramente più influenzati dai prelievi con il contagocce orchestrato settimana scorsa dalla BCE,

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La Grecia e le telefonate Obama-Merkel

Il gioco politico

Ho terminato il precedente post preconizzando una telefonata calda tra l’Imperatore Obama e la feudataria Merkel. Domenica scorsa ce n’è stata una e i comunicati stampa riportano che i due politici hanno concordato che è “di cruciale importanza riprendere un cammino che consenta alla Grecia riforme e crescita all’interno dell’Eurozona. I team economici dei due capi di Stato resteranno in “stretto contatto” per “monitorare la situazione”.

Contemporaneamente c’è stata telefonata analoga tra Tsipras e il Ministro del Tesoro USA Lew che era il seguito di quella avvenuta una settimana prima.

Il pressing americano per una conclusione positiva e di compromesso continuerà questa settimana e si è fatta asfissiante. Le motivazioni yankee: le basi Nato in Grecia nel caso di sua uscita dall’Eurozona e dalla UE e turbolenze finanziarie ed economiche in caso di rottura EZ

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