Confronto USA-Corea del Nord, meno male che ci sono Russia e Cina.

Ma il pesce grosso di USA-Israele è l’Iran.

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Se dipendesse solo dai personaggi Trump e Kim Jon-Un uno scontro tra USA e Corea del Nord sarebbe molto probabile, Kim ne uscirebbe sconfitto, Corea del Nord e del Sud vivrebbero una tragedia immane, il mondo intero sarebbe scosso, potrebbero innescarsi eventi bellici imprevedibili.

Il più pericoloso tra i due presidenti è certamente Kim, dato che non sembra avere forze interne che lo possano condizionare e far riflettere, mentre Trump – come tutto questo inizio della sua presidenza dimostra – è imbrigliato e manovrato da CIA/Pentagono, dal Congresso, da Israele, ecc. E’ chiaro che anche Giappone e, sopratutto, Corea del Sud sono assolutamente contrarie ad uno scontro locale. Come lo sono, per altri motivi Russia e Cina.

Come descrive impeccabilmente Maurizio Blondet nel suo articolo che riporto di seguito, questo agosto può essere decisivo, vista la minaccia di Kim di condurre un lancio missilistico nelle vicinanze dell’isola di Guam, base americana. Vedremo se Russia e Cina riusciranno a fermare il giovane nord coreano o se si innescherà una risposta militare americana.

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Se dovessi scommettere non punterei sullo scoppio di una guerra di vasta portata, anche perché l’avversario principale a cui punta il gruppo di comando americano, sospinto da Israele a dalla sua lobby, è un altro: l’Iran. Che però ha il sostegno non solo della Russia, ma anche della Cina.

USA, Russia, Cina: nel mondo c’è per la prima volta nella storia un trio (intorno a cui ruota una determinante rete di vecchi e nuovi alleati) e non più solo un binomio che si contende il potere geopolitico. L’America non vuole perdere – anzi vuole aumentare – la sua leadership decollata con la vittoria militare delle due guerre mondiali. Ma, istigata da Israele – un pessimo consigliere in quanto anche parte in causa – sta seguendo una strategia aggressiva autolesionista, spingendo indirettamente Russia e Cina verso un’alleanza economica, energetica e militare in grado nei prossimi 5-10 anni di detronizzare, dopo quasi un secolo di predominio, Washington.

Talvolta anche le questioni più apparentemente complesse sono di una semplicità elementare: se ci sono 3 forti avversari in campo, i due che si alleano possono prevalere sul terzo. Era ed è questo il senso della ormai ingabbiata volontà di Trump di “avvicinamento” alla Russia (una tappa intermedia per arrivare alla sua completa occidentalizzazione, anche finanziaria). Hanno prevalso i disegni e gli interessi di breve respiro della CIA, del Pentagono, della lobby delle armi e anche di Israele, supportati dai mass media, ovvero della parte più globalista, oltranzista, avida e meno intelligente dell’oligarchia di comando americano.

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Ecco il testo di Maurizio Blondet, pubblicato ieri 11 agosto nel suo blog

KIM E TRUMP, SFIDA ALL’OK CORRAL. ACCORRONO GLI ADULTI.

“Non ci sarà una guerra di Corea del Nord”,  ha assicurato, ancora giovedì 10, il celebre giornalista Bob Woodward. Fanfaronata dopo fanfaronata, abbiamo visto il presidente della Superpotenza mettersi a litigare con il ragazzotto assassino (non  si dimentichi che Kim Jon un ha fatto avvelenare il fratello il 13 febbraio scorso,  in Malaysia, col peggior agente nervino del mondo, il VX), mettendosi sul suo stesso piano e sgretolando, istante per istante, la credibilità, l’autorità e il potere di dissuasione che gli Usa hanno costruito in Asia dal dopoguerra, con Rex Tillerson (Esteri) e il generale Mattis  (Pentagono)  a  retropedalare dopo le minacce sempre più apocalittiche che il Presidente twittava dal suo campo da golf. Minacce  da sceneggiata napoletana: “Tenitemi ché l’accido!”,  trattenetemi sennò lo ammazzo, come gridava Totò in un vecchio film, scagliandosi contro qualcuno e  occhieggiando ai parenti perché, appunto, lo trattenessero.

Finché in  serata Sergei Lavrov ha annunciato “c’è un piano russo-cinese  per sventare, disinnescare  la crisi”, e da Pechino il Global Times, giornale del regime  in inglese, metteva in guardia: “La Cina preverrà un cambio di regime in Corea del Nord”, allora s’è capito che le cose si son fatte di colpo gravi. I duelli verbali sono arrivati al punto, forse irreversibile,  in cui alle minacce debbono seguire gli atti, fatali  e letali.

La decisione annunciata di Pyongyang di lanciare entro agosto missili balistici “a 30-40 chilometri da Guam” in un test di lancio, legale sul piano internazionale (le testate cadrebbero fuori delle acque territoriali americane) è una provocazione: identica a quella di un pistolero del Far West  che dice a un altro: “Non ti muovere, sparerò a dieci pollici dalla tua testa”.

Gli americani possono essere indotti a provare i loro sistemi antibalistici  installati a Guam , THAAD (Terminal High Altitude Area Defense). L’hanno già fatto a febbraio, intercettando un missile nord-coreano a  medio raggio Hwasong-12, con successo, benché i THAAD siano concepiti per colpire missili di più corto raggio. Ce la farà a intercettare anche missili intercontinentali? Che nella fase di discesa terminale arrivano (si ipotizza)  a 6 chilometri al secondo mentre i THAAD hanno una velocità di  salita di 2,8 Kmh/s?

“Si potrebbe sperare che gli americani si contentino di  guardare i missili cadere in mare nelle vicinanze delle loro acque internazionali”, dice Alexis Toulet, ingegnere ed analista di crisi geopolitiche; “ma il presidente Usa, suscettibile come  sappiamo, s’è impegnato in quella competizione di provocazioni verbali col  nord-coreano;  vanta continuamente la  superiorità delle armi americane. Inoltre, ha degli alleati da rassicurare nell’area – alleati a cui propone rumorosamente di acquistare i suoi sistemi d’intercezione antimissile. Non rifiuterà di partecipare a quel duello tecnologico, missile contro missile, la sfida che Kim gli ha offerto  sul piatto d’argento”.

Oltretutto, se non prova, il Pentagono può dare l’impressione, davanti al mondo intero,  di non avere del tutto fiducia nei suoi stessi sistemi d’arma, che offre in vendita alla Corea del Sud e al Giappone.  Se sceglie di sparare i suoi missili antimissile, c’è ovviamente il rischio che la prova fallisca in tutto in parte, ridicolmente – anche se il rischio sembra limitato, perché dopotutto, ha superato già 13  prove di intercezione tra il 2005  e il 2017, e quella del missile intermedio nordcoreano a febbraio.  E’ in gioco la credibilità della dissuasione; la dissuasione essendo alla fin fine un  effetto psicologico che gli Usa hanno costruito nelle menti di partner ed avversari, è il caso di metterlo a rischio  con un mezzo fallimento? D’altra parte, il successo, in una prova  “reale”, sarebbe un gran aiuto alle vendite  per l’apparato militare-industriale..

Sul piano psicologico, il rischio che ha preso Kim è ancora più grande, incommensurabile. Se il THAAD americano riuscirà ad abbattere tutti e quattro i missili che ha annunciato, sarà la  dissuasione nord-coreana a subire un rovescio gravissimo –  darà l’impressione che  la Corea del Nord è impotente  e  le sue armi  più vantate non sono riuscite  a forare  lo scudo antimissile Usa. Kim “perderebbe la faccia”, in una zona del mondo dove pur di non ritrovare la faccia qualunque azione è lecita, anche estrema; in più, Kim s’è dimostrato impulsivo,  diciamo temerario.

Sarebbe tentato di recuperarla come, la faccia? Ha pur sempre da 20 a 60 testate nucleari, sembra; la formidabile artiglieria che può incenerire Seul; fra  2,5 e 5 mila tonnellate di armi chimiche, fra cui il nervino VX con cui ha fatto ammazzare il fratello,  un agente cento volte più letale del Sarin; armi biologiche in abbondanza. Kim non sembra mai stato educato ad ingoiare una frustrazione.

E’ a questo punto che sono entrati in scena gli adulti, ossia Lavrov e Xi, ad annunciare di avere “il piano congiunto russo-cinese per disinnescare la crisi”.  La proposta consiste in un “doppio congelamento.  Kim Jong-un congela i test nucleari e smette i lanci di missili balistici, mentre Usa e Corea del Sud congelano le grandissime esercitazioni militari che sono il pretesto per le sperimentazioni del Nord”.

“Nella speranza che il buon senso prevalga”,   ha aggiunto Lavrov, indicando esplicitamente “che è la parte più  forte e più intelligente a dover fare il  primo passo” – ossia Washington. Per Kim, il messaggio è: “Noi (la Russia) non accettiamo che  la Corea del Nord abbia  armi nucleari”.  Ma  d’altra parte Pechino e Mosca hanno  “un ventaglio di proposte  per scongiurare quel  che può diventare  “uno dei più profondi conflitti  con un gran numero di perdite umane”.

Trump, il “più forte e più intelligente”, a proposito della opzione militare, ha detto: “Ciò che ho detto è ciò che intendo” (“What I Said Is What I Mean”).. Ed ha anche trovato il tempo di dichiarare – come   ha dichiarato  di voler  fare  fin dalla campagna elettorale, come vuole Jared, come vuole Netanyahu – che  “l’Iran non adempie agli accordi nucleari”, per cui straccerà questo accordo firmato da Obama , “un presidente che non sapeva quel che faceva”. Lui invece sì.

http://www.timesofisrael.com/trump-iran-is-not-in-compliance-with-nuclear-deal/

“L’Iran si approfitta di questo paese, e  voi vedrete  avvenire cose molto forti se non adempie all’accordo”.   Ecco, ci voleva un ritorno al nemico principale (per Sion).

Link con l’articolo di Maurizio Blondet

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