Le armi della guerra geopolitica, una visione d’insieme non ortodossa.

Premessa del Prof – In ossequio al motto “inutile riscoprire l’ombrello”, quando incontro articoli di cui condivido l’impostazione e, se non tutte, molte delle argomentazioni esposte, li pubblico integralmente. E’ il caso di questo post e di quello precedente, entrambi trattano di geopolitica. Due autori di età ed esperienza diversa Maurizio Blondet e Federico Dezzani (questo post), che hanno una visione globale (nella quale inseriscono poi gli avvenimenti italiani) e che seguono fonti di informazione spesso inusuali e prevalentemente straniere. Nel mio piccolo sto seguendo la stessa strada e, guarda caso, condivido la visione geopolitica qui egregiamente tratteggiata ed argomentata da Dezzani. Che non è propriamente quella propinata quotidianamente a dosi massicce dagli organi e istituzioni mainstream, espressioni del sistema di potere (mainstream=flusso principale). In questo testo vedo alcune importanti lacune (un post non è mai perfetto), che rimando ad un mio prossimo articolo-commento. Buona lettura, ….. non ortodossa.

hhhhh

Autore: Federico Dezzani

“Guerra senza limiti” è il famoso libro di strategia militare pubblicato nel 1999 da due ufficiali politici dell’Aeronautica militare cinese: si tratta di uno sforzo sistemico per immaginare la guerra del futuro, ipotizzata come una combinazioni di attacchi speculativi, commerciali, terroristici, campagne mediatiche e circoscritte operazioni militari. Il contributo dell’opera in termini d’innovazione non è in realtà così eclatante, dato che simili conflitti non guerreggiati si combattono da almeno due secoli, durante i periodi definiti di “pace”: tuttavia, “Guerra senza limiti” ha il merito di affrontare con metodo il tema dei conflitti non convenzionali ed è utile per analizzare l’attuale scontro tra l’impero angloamericano da un lato e Mosca e Pechino dall’altro.

Guerra senza limiti: futuro o costante dell’arte bellica?

9788181580849-es-300Usciva nel 1999 il libro “Guerra senza limiti”, scritto a due mani dagli ufficiali politici dell’Areonautica militare cinese Qiao Liang e Wang Xiansgui: pubblicato da una casa editrice delle forze armate cinese e destinato ad uso interno, il testo è subito tradotto in inglese dall’ambasciata statunitense di Pechino e poi dalla CIA, per apparire infine in italiano nel 2001 (edizioni Libreria Editrice Goriziana).

L’opera di strategia militare prende forma in una fase di profonda ristrutturazione delle forze armate cinesi, dettata dall’archiviazione della Guerra Fredda, dal crescente peso economico e politico della Cina e dalla necessità di fronteggiare le nuove sfide dell’economia globalizzata: la Guerra del Golfo del 1991, il primo intervento militare su larga scala dove è sfoggiata la tecnologia americana di ultima generazione, gli assalti speculativi di George Soros alle valute asiatiche nel 1997 e la comparsa del “terrorismo islamico” sulla scena internazionale, obbligano Pechino a ridisegnare ex-novo le forze armate, ferme all’obsoleta guerra rivoluzionaria di Mao Tse-tung.

I due ufficiali si propongono quindi di aggiornare l’Arte della Guerra di Sun Tzu (V secolo a.C.), sforzandosi di immaginare i conflitti del futuro e le loro implicazioni: ne esce un libro ricco di citazioni letterarie, richiami alla storia occidentale e cinese, con un particolare focus sulle “novità” di allora che più impressionano i due autori (l’operazione Desert Storm, la crisi finanziaria asiatica, l’attentato all’ambasciata statunitense di Nairobi del 1998).

Il mondo globalizzato, si legge nel libro, non ha reso obsoleta la guerra: questa, al contrario, ha semplicemente mutato pelle. Archiviata l’epoca del dispiegamento di enormi masse di soldati e dei conflitti convenzionali, il dio Marte si presenta oggi come una combinazione di assalti speculativi, attacchi terroristici, propaganda e soprusi commerciali, solo talvolta accompagnati dal classico ricorso alle armi. In questo contesto la distinzione tra civili e militari, tra teatro delle operazioni e retrovie, tra rispetto e violazione del diritto internazionale, tende a svanire, producendo così la “guerra senza limiti”:

“Nell’ottica della guerra oltre i limiti, non vi è più distinzione tra ciò che è o ciò che non è campo di battaglia. Gli spazi naturali, tra cui terra, mari, aria e spazio esterno, sono campi di battaglia, ma lo sono anche gli spazi sociali come il militare, la politica, l’economia e la cultura e la psiche. (…) Una guerra può essere militare, quasi militare o non militare. Può utilizzare la violenza o non servirsene. Può essere un confronto tra soldati professionisti o un confronto tra nuove forze costituite principalmente da persone comuni o esperti”.

Il dio Marte, continuano i due ufficiali, può aver cambiato vestito, ma è sempre lui:

“La guerra che ha subito i cambiamenti della moderna tecnologia e del sistema di mercato verrà condotta in forme ancora più atipiche. In altre parole, mentre si assiste ad a una relativa riduzione della violenza militare, allo stesso tempo si constata un aumento della violenza politica, economica e tecnologica. Tuttavia, indipendentemente dalla forme assunte dalla violenza, la guerra è guerra, ed un cambiamento nella sua veste esteriore non le impedisce di mantenere i principi della guerra in sé. Se si riconosce che i nuovi principi della guerra non sono più quelli di “usare la forza delle armi per costringere il nemico a sottomettersi ai propri voleri”, quanto piuttosto quelli di “usare tutti i mezzi, inclusa la forza delle armi e sistemi di offesa militari e non-militari e letali e non letali per costringere il nemico ad accettare i propri interessi”, tutto ciò costituisce un cambiamento”.

Quali sono questi nuovi mezzi, in apparenza avulsi dalla guerra, impiegati nei moderni conflitti non-militari?

“In primo luogo, la guerra commerciale. (…) Nelle mani degli americani, che ne hanno fatto un’arte raffinata, può essere utilizzata con grandissima competenza. Tra i vari strumenti impiegati, vi sono l’uso del diritto commerciale, l’abolizione e l’introduzione arbitrarie di barriere tariffali, l’utilizzo di frettolose sanzioni commerciali, l’imposizione di embarghi (….) In secondo luogo, la guerra finanziaria. Dopo la crisi finanziaria del Sud-est asiatico, nessuno potrà essere colpito da una guerra finanziaria più di quanto esso lo sia stato. Quell’area, infatti, non è stata semplicemente colpita, è stata distrutta! (…) il principale protagonista di questo capitolo non sarà uno statista o uno stratega militare, bensì George Soros. (…) In terzo luogo, la nuova guerra terroristica(…) Da ultimo, la guerra ecologica. Questa espressione si riferisce ad un nuovo tipo di guerra non militare in cui la tecnologia moderna serve per esercitare influenza sullo stato naturale di fiumi, oceano, crosta terrestre, ghiacci polari, atmosfera e strato di ozono. Utilizzando metodi che provocano terremoti e modificando le precipitazioni piovose, la temperatura atmosferica, la composizione dell’atmosfera, il livello del mare e le caratteristiche della luce solare, si danneggia l’ambiente fisico.”

E poi si procede con i mille altri volti di Marte: guerra psicologica, guerra del contrabbando, guerra dei mezzi di comunicazione, guerra degli stupefacenti, guerra degli standard tecnologici, guerra culturale, guerra del diritto internazionale, etc. etc.

I moderni conflitti, chiosano gli autori, si presenteranno come una combinazione di due o più dei suddetti strumenti, in grado di allargare il campo di battaglia e gli attori coinvolti a dismisura: si prenda, ad esempio, la prima Guerra del Golfo, equivalente, secondo i due autori, alla somma di guerra convenzionale + guerra di sanzioni + guerra mediatica + guerra diplomatica + guerra psicologica + guerra di servizi segreti.

Pur riconoscendo la bontà del lavoro di Qiao Liang e Wang Xiansgui, si può obbiettare che i due autori abbiano considerato le esperienze dei primi anni ’90 come una rivoluzione nel campo dei rapporti di forza tra Stati, senza accorgersene, in realtà, che si trattasse di una semplice riproposizione di forme di competizione in uso da secoli: guerre finanziarie con annesse bancarotte ed espropri, competizioni commerciali senza esclusioni di colpi, campagne di stampa per manipolare l’opinione pubblica, finanziamenti a gruppi terroristici (estremisti islamici in primis), diplomazia delle cannoniere e guerre tra servizi segreti risalgono perlomeno al XIX secolo, se non prima. Rimane quindi valida la descrizione della “guerra senza limiti”, ma anziché considerarla come una novità di inizio millennio, deve essere piuttosto intesa, a nostro giudizio, come un ritorno alla classica politica di potenza (“machtpolitik”) in epoca di globalizzazione, molto somigliante a quella dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento.

L’acme della “guerra senza limiti” tratteggiata dai due ufficiali cinesi sul finire degli anni ’90 è stato raggiunto in tempi recenti, quando le oligarchie atlantiche hanno mosso un attacco senza esclusioni di colpi a Russia e Cina, puntando alla destabilizzazione socio-economia ed al rovesciamento dei vertici politici. Perché Mosca e Pechino e, soprattutto, perché la tensione è progressivamente salita dal 2014 in avanti?

Bè, la Federazione russa e la Repubblica popolare cinese sono attualmente le uniche potenze continentali in grado di osteggiare la pericolante egemonia delle potenze marittime anglofone: entrambe posseggono un progetto geopolitico (l’Unione Euroasiatica e le vie della seta) con cui subentrare alla pax americana, trasformatasi nell’ultimo decennio in chaos americanum.

La fermezza di Mosca nello sventare il bombardamento angloamericano in Siria (agosto 2013), lo spettro di un ritorno di Kiev nell’orbita russa (novembre 2013), l’annessione senza colpo ferire della Crimea (marzo 2014), le crescenti sinergie tra Mosca e Pechino culminate con la firma del contratto per la fornitura di gas (maggio 2014), il proficuo lavorio diplomatico e politico per liberare i Paesi emergenti dal gioco del FMI/Banca Mondiale, culminato con il summit dei BRICS a Fortaleza e la nascita della Nuova Banca dello Sviluppo (luglio 2014), sono le cause scatenanti della guerra senza limiti, cui assistiamo da due anni a questa parte.

Analizziamo separatamente gli attacchi sferrati a Mosca e Pechino, lampanti esempi di quei conflitti non militari (per il momento) studiati da Qiao Liang e Wang Xiansgui.

La Russia e la guerra senza limiti

Risultati immagini per guerra geopoliticoLa Federazione russa è allo stesso tempo la minaccia più impellente per gli angloamericani e la preda più ambita. Minaccia perché, in virtù della sua geografia, economia e potenza militare, è pronta a colmare il vuoto politico lasciato dalla sempre più probabile implosione della UE; è capace di proiettarsi nella strategica regione mediorientale (vedi intervento in Siria e collaborazione con Iraq ed Iran); è dotata di un’industria militare capace di tenere testa a quella statunitense (vedi gli S-400 ed i moderni Su-35). Allo stesso tempo, è una preda ambita perché il suo assoggettamento/disintegrazione regalerebbe lo scacco matto agli strateghi angloamericani, assicurando loro il controllo dell’Eurasia. A differenza della Cina, le interconnessioni economiche e finanziarie tra USA e Russia sono poi modeste se non nulle: da ciò derivano scarse possibilità di ritorsione per Mosca ed una maggiore leggerezza statunitense nel calcare la mano.

La guerra senza limiti contro Mosca figura come una combinazione di guerra terroristica + guerra di servizi segreti + guerra commerciale + guerra finanziaria + guerra mediatica + guerra convenzionale per procura.

Guerra terroristica: ci si avvale dei gruppi islamisti che storicamente operano in Russia ed in particolare degli indipendentisti ceceni, in contatto con i servizi sauditi ed atlantici almeno sin dalla prima guerra cecena (1994-1996). In ordine temporale si registrano gli attentati a Volvograd (dicembre 2013); le minacce, sventate, di attacchi terroristici alle Olimpiadi invernali di Sochi (febbraio 2014); l’abbattimento con un ordigno esplosivo del volo Metrojet 9268 nei cieli dell’Egitto (ottobre 2015); l’attacco ad un gruppo di turisti in Daghestan (dicembre 2015); la decapitazione a Mosca di una bambina, vittima della baby sitter plagiata da estremisti uzbeki (febbraio 2016); una serie di autobombe, infine, esplose in Daghestan tra il febbraio ed il marzo 2016. Incombe poi la minaccia di un’espansione dell’ISIS in Asia Centrale, a due passi dai confini della Russia meridionale1. L’efficienza delle forze di sicurezza russe ha sinora contenuto gli effetti della guerra terroristica e, in vista di un possibile aumento delle violenze, Vladimir Putin ha recentemente ricomposto la Guardia Nazionale.

Guerra di servizi segreti: in questa categoria comprendiamo gli omicidi politici perpetrati dai servizi segreti stranieri. Spiccano l’incidente all’aeroporto moscovita Vnukovo (ottobre 2014) in cui muore l’amministratore delegato di Total, Christophe de Margerie, strenuo oppositore delle sanzioni alla Russia e l’omicidio a due passi dalla Piazza Rossa dell’oppositore politico Boris Nemtsov (febbraio 2015), seguito a ruota da un abbozzo di rivoluzione colorata.

Risultati immagini per scontro geopoliticoGuerra commerciale: si articola in due filoni, ossia la caduta del prezzo del petrolio e le sanzioni al settore energetico, finanziario e militare. L’idea alla base della discesa pilotata del prezzo del petrolio (tra il luglio 2014 ed il gennaio 2015 il greggio passa dai 100 ai 50$ al barile, per scendere sotto i 35$ nel gennaio 2016) è la ripetizione dello schema applicato negli anni ’80, quando angloamericani e petromonarchie del Golfo accelerano l’implosione dell’URSS deprimendo il valore greggio, i cui proventi sono indispensabili a Mosca per tenere in equilibrio la bilancia commerciale. Rispetto agli anni ’80 le finanze russe sono più flessibili di quelle saudite (nel 2015 i deficit si sono attestati rispettivamente a 25 $mld2 e 98 $mld3), tanto che chi soffre maggiormente è proprio casa Saud, costretta per la prima volta a contrarre un prestito dal valore di 10 $mld per puntellare il bilancio4. Le guerra commerciale colpisce comunque duro l’economia russa, che chiude il 2015 con un PIL in calo del 3,7%, seguito da un ulteriore previsione di decrescita (-1%) per il 2016.

Guerra finanziaria: il rublo è preso d’assalto dalla speculazione e lascia sul terreno quasi la metà del valore tra il luglio 2014 ed il gennaio 2015. Paradossalmente, il dimezzamento del cambio rublo/$, preceduto dal crollo del greggio espresso in dollari, dà sollievo alle finanze pubbliche, che incamerano lo stesso ammontare di denaro; il rovescio della medaglia è l’impennata dell’inflazione (+16% nel 2015), un dato forse neppure negativo, considerato che l’Occidente è impantanato nelle ben peggiori sabbie mobili della deflazione e dei tassi a zero (contro il saggio di risconto al 15% applicato dalla Banca centrale russa). In concomitanza le solite agenzie di rating declassano i titoli di Stato russi5 e circolano voci di un possibile default sovrano: Mosca reagisce modificando la legislazione, così da espellere dal mercato Moody’s e Standard & Poor’s6.

Guerra mediatica: il conflitto combattuto a colpi di propaganda non conosce sosta ed è ciclicamente alimentato per tenere alta la tensione. Si parte dal boicottaggio delle Olimpiadi invernale di Sochi con la scusante delle leggi “omofobe” (febbraio 2014); si procede con il blitz della polizia americana in Svizzera e la decapitazione dei vertici della FIFA, con l’intento di revocare l’assegnazione dei mondiali di calcio 2018 alla Russia (maggio 2015); poi è la volta dell’accusa di “doping di Stato”, seguita dalla richiesta di sospendere la Russia dalle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 (novembre 2015); dopodiché è l’accusa di doping alla tennista russa Maria Sharapova, vissuta a Mosca come un attacco frontale allo sport russo (marzo 2016); dulcis in fundo la scena è monopolizzata dai “Panama papers”, la pubblicazione di un lungo elenco di personalità con denaro depositato nel paradiso fiscale panamense, tra le quali figura, ça va sans dire, Vladimir Putin (aprile 2016). Ogni “bomba mediatica” produce effetti per 7-10 giorni e ha pertanto bisogno di essere presto sostituita con un nuovo scandalo.

Guerra convenzionale per procura: in questa voce rientra il conflitto militare in corso in Siria, dove l’Esercito Arabo Siriano ed il corpo di spedizione russo fronteggiano i miliziani dell’ISIS e varie sigle di ribelli, armati e finanziati da autocrazie sunnite ed angloamericani. Come nell’invasione sovietica dell’Afghanistan (1979-1989), l’insurrezione islamista riceve presto moderni sistemi d’arma, i missili contro-carro BGM-71 TOW, cui seguirebbero l’introduzione di missili antiaerei spalleggiabili, col chiaro obbiettivo di massimizzare i costi in termini di vite umane e materiale distrutto. Si tratterebbe del piano “B” studiato dalla CIA, fallito il quale a Washington non rimarrebbe alta possibilità che l’escalation militare per rovesciare Bashar Assad.

Quale giudizio si può esprimere sulla guerra illimitata sferrata alla Russia?

Se lo scopo era quello di provocare la caduta di Vladimir Putin e la destabilizzazione politica del Paese, l’esito è stato modesto. Le uniche misure adottate con un certo successo, le sanzioni economiche e la caduta del prezzo del greggio, hanno pesanti effetti collaterali, che non le rendono sostenibili a lungo. Le sanzioni sono infatti fonte di crescente malumore in Europa e sempre più partiti “populistici” inseriscono la loro cancellazione nelle piattaforme politiche; d’altro lato, i prezzi depressi del greggio, oltre a minare alle fondamenta le petromonarchie sunnite, hanno gravi ripercussioni anche sugli USA, dove un terzo dei produttori di petrolio di scisto rischia il fallimento nel 20167.

La Cina e la guerra illimitata

Nessuna altra potenza dovrebbe essere in grado di affrontare meglio la guerra illimitata che la Cina, patria di quei due ufficiali che hanno studiato per primi i conflitti non-militari in epoca di globalizzazione.

Per gli americani la Repubblica Popolare cinese, a differenza della Federazione russa, è un oggetto da maneggiare con estrema cura: è infatti il secondo partner commerciale, snodo essenziale della catena produttiva delle multinazionali statunitensi e primo detentore straniero del debito pubblico a stelle e strisce8. Ciononostante, Pechino è considerata la più grande minaccia nel medio-lungo periodo: dispone infatti di risorse umane, economiche e finanziarie per sostituire alla pax americana in dissoluzione un progetto geopolitico di respiro mondiale, la pax sinica poggiante sulle vie della seta marittime e terrestri, intese come sviluppo delle infrastrutture ed incremento dei commerci.

Per tarpare le ali al “secolo cinese”, è  quindi scatenata anche contro Pechino una guerra senza limiti che si presenta come una combinazione di: guerra terroristica + guerra finanziaria + guerra di diritto internazionale + guerra di servizi segreti + guerra ecologica.

Guerra terroristica: come nel caso della Russia si fa leva sulle minoranze mussulmane ed in particolare sull’etnia turcofona degli Uiguri che popolano l’estrema regione occidentale dello Xinjiang. Nell’ottobre 2013 un’auto travolge una comitiva di turisti in Piazza Tienanmen, uccidendone due, per poi esplodere: a distanza di un anno sono condannati a morte tre uiguiri accusati di essere complici dei kamikaze; nel marzo del 2014 è la volta dell’assalto alla stazione di Kunming, nel sud-ovest del Paese, dove sono accoltellate a morte 33 persone; nel settembre 2015 una miniera di carbone nello Xinjiang è presa d’assalto dai separatisti uiguiri che lasciano sul terreno almeno una quarantina di persone tra operai e guardie (l’americana Radio Free Asia si premura sempre di dare ampia eco agli attentati9). Anche Pechino, come Mosca, teme l’allargamento dell’ISIS in Asia centrale, man mano che gli islamisti, ingaggiati da turchi e sauditi10 per combattere contro Bashar Assad, abbandonano il teatro di guerra siriano per fare ritorno alle terre d’origine.

Guerra finanziaria: si comincia con l’assalto alla borsa cinese, che vede l’indice della borsa di Shanghai avvitarsi del 30% tra il giugno ed il luglio 2015. Il giornale della Banca Popolare cinese e gli accademici delle più prestigiose università cinesi non hanno dubbi nell’accusare la banca Morgan Stanley e gli istituti finanziari stranieri di essere gli artefici del crollo11, una riedizione dell’assalto speculativo del 1997 alle valute asiatiche. Pechino, l’11 e 12 agosto 2015, passa al contrattacco svalutando due volte lo yuan rispetto al dollaro. L’indice di Shangai, anziché rimbalzare alla notizia come avrebbe voluto la logica, continua a crollare e perde un altro 25% del valore entro fine settembre. Lo scontro si indurisce e Pechino, tra ottobre e dicembre, vende a piene mani i titoli di Stati americani: l’agenzia Bloomberg titola “China’s Selling Tons of U.S. Debt. Americans Couldn’t Care Less.12, rassicurando che non mancano gli investitori pronti a sostituirsi ai cinesi. Resta da capire chi è disposto ad acquistare il debito di un Paese il cui debito è passato in dieci anni dal 60% al 105% del PIL13 e registra croniche bilance commerciali in disavanzo. La guerra finanziaria raggiunge l’acme: George Soros dichiara nel gennaio 2016 di scommettere sul crollo dello yuan e nell’aprile 2016 torna all’attacco affermando che la Cina è nelle stesse condizioni degli Stati Uniti prima dello scoppio della bolla immobiliare: “un duro atterraggio” è imminente. Pechino vieta alla banche di vendere yuan ad istituti stranieri per fini speculativi14 e sfida apertamente il “terrorista finanziario” Soros, asserendo attraverso l’agenzia di stampa Xinhua che qualsiasi manovra speculativa sarà neutralizzata15.

Guerra di diritto internazionale: negli ultimi anni si è inasprita la contesa per isole del Mar cinese meridionale, le Spratly e le Paracel, il cui controllo è ambito per lo sfruttamento delle risorse sui fondali e l’accesso all’oceano aperto. Gli Stati Uniti, ovviamente, spalleggiano i vicini meridionali di Pechino nel rivendicare il controllo delle isole. La tensione raggiunge lo zenit nell’ottobre 2015, quando le manovre della flotta americana a largo delle Spratly spingono il comandante della Marina militare cinese a ipotizzare scenari di guerra.16 Pechino reagisce schierando caccia militari e batterie missilistiche nella base aerea sulle isole Paracel, fresca di costruzione, ricevendo a sua volta l’accusa di militarizzare la disputa.

Guerra di servizi segreti: anche la Cina vive nel 2014 la sua Euromaidan, supervisionata e finanziata dai servizi atlantici e dal National Endowment for Democracy17. È la cosiddetta “rivoluzione degli ombrelli” che agita Hong Kong tra il settembre ed il dicembre 2014. Il quartiere centrale dell’ex-colonia inglese è occupato da manifestanti che, indossando la maglietta “Occupy Central with peace and love” protestano contro la riforma elettorale ed invocano “democrazia e libertà”. La linea ferma ma ponderata di Pechino evita che  la protesta degeneri e, dopo dieci settimane, gli ultimi accampamenti di manifestanti sono smantellanti dalla polizia senza violenza.

Guerra ecologica: in questa voce rientra il disastro ambientale che colpisce la città portuale di Tianjin nell’agosto 2015 (nello stesso periodo in cui la borsa cinese è sotto il fuoco della speculazione): la deflagrazione su una nave carica di esplosivo incendia un vicino deposito di prodotti chimici che salta in aria, producendo un cratere profondo diversi metri ed una palla di fuoco alta decine. Si contano più di 150 morti, centinaia di feriti e la zona è contaminata per diversi chilometri: le autorità cinesi, già sotto tensione per le turbolenze sui mercati finanziari, oscurano i siti che criticano la gestione dell’emergenza ed alimentano gli allarmismi sui rischi di contaminazione. “Disasters, man-made or natural, are dangerous to authoritarian governments since public distress can turn to public anger. Social media add to the problems since they make it harder for governments to hush up the scale of damage or the inadequacies of the response” scrive The Economist il 15 agosto18. Errore umano o esempio di guerra ecologica? Viene spontaneo associare il disastro di Tianjiin all’esplosione che squarcia nel 1982 il gasdotto sovietico Urengoy–Pomary–Uzhgorod: una deflagrazione così potente da essere visibile dallo spazio, prodotta, come si scopre a distanza di vent’anni, da un sabotaggio della CIA19.

Che giudizio dare alla guerra senza limiti sferrata contro la Cina? Molto modesto: finché l’economia cresce a tassi del 6-7% annuo ed accumula saldi commerciali attivi, è pressoché immune agli assalti speculativi. L’unica fonte di preoccupazione per Pechino sarebbe il sostegno occidentale alle velleità separatiste dello Xinjiang, del Tibet e di Taiwan, con esiti imprevedibili per l’ordine internazionale.

Non mancano, quindi, occasioni per i moderni Sun Tzu, seguaci della “guerra senza limiti”, di sperimentare in questi anni le strategie dei conflitti non-militari: dalla flessibilità di Mosca e Pechino nel rispondere alle sfide angloamericane, dipendono gli assetti del mondo di domani.

A patto, ovviamente, che il dio Marte non indossi ancora una volta i vecchi abiti.

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