Giugno 2016-Il Fondo Monetario Internazionale paventa una recessione nel 2017 se vincerà la Brexit e ….
Il Fondo Monetario Internazionale pubblica due volte l’anno un aggiornamento di una ricchissima banca dati delle economie dei paesi del mondo, che riguarda il passato e fornisce le previsioni per l’anno in corso più i successivi 5 anni. Le stime del FMI sono considerate tra le più attendibili e un punto di riferimento per gli analisti internazionali. E’ appena stato pubblicato il primo dei due aggiornamenti del 2017, che fornisce quindi anche le previsioni fino al 2022. Un invito a nozze per me che ricordo le fosche previsioni di recessione in caso di Brexit, formulate nel giugno 2016 dal FMI, che capeggiava il coro politico, mediatico ed istituzionale occidentale. Tant’è che alla vigilia del referendum britannico avevo scritto un articolo dal titolo “Il terrorismo psicologico dietro al dibattito sulla Brexit“
… Aprile 2017 – Il FMI prevede un futuro brillante dell’economia britannica (2017-2022)
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A 10 mesi dal fosco auspicio post Brexit, quei buffoni del FMI, rivestiti da una facciata di sapienza e autorità, si rimangiano tutto. Prevedono 6 anni (!) di ottima salute: crescita media del Pil del 1,8% annuo dal 2017 al 2022, inflazione annua al 2-2,5%, debito pubblico in discesa dal 89 al 83% del Pil, disoccupazione stabile intorno al 5%. Questa è la tabella del FMI, nella quale ho inserito come termini di paragone gli analoghi dati degli USA e quelli della migliore economia europea, quella tedesca.
Il confronto rafforza la sorpresa: il paese che doveva 10 mesi fa essere oggi in recessione a causa della Brexit, viene dato per quest’anno in crescita del 2%, la Germania è al 1,6%, gli Stati Uniti del “Make America great again!” al 2,3%. Nell’insieme delle previsioni dei prossimi 5 anni il Regno Unito è dato su quasi tutti i parametri alla pari o leggermente meglio degli altri due. Ciliegina sulla torta, il debito pubblico della Gran Bretagna scenderebbe dal 89% del Pil del 2016 al 83% nel 2022.
Se osservate bene la tabella vedrete che la grande Germania primeggia solo nel deficit e nel debito pubblico, ma questo è l’effetto della droga/trucco CambioFissoEuro di cui godono (e noi soffriamo) i teutonici. Se volete guardare le analoghe stime dell’Italia, trovate qui la tabella, che dà ovviamente per scontato che resteremo fino al 2022 con la palla al piede di MezzoMarcoEuro. In ogni caso, tenete conto che l’attendibilità di tutte le stime a 5/6 anni – inclusa quella del FMI – è buona per l’anno in corso e accettabile per quello successivo, poi scivolano gradualmente verso il valore dei numeri del lotto.
La panzana sull’Eurouscita “Oddio, la svalutazione!”-Il caso Brexit
Abbiamo sin qui visto che tutto il sistema della propaganda mediatica anti-Brexit era incompetente (se in buona fede) o asservito e prezzolato (se in malafede) agli interessi dell’oligarchia di potere mondialista che ci governa.
Riprendo qui una specifica PANZANA di natura economica, uno dei tanti fantasmi che la propaganda europeista utilizza per spaventare l’opinione pubblica dei paesi che sono danneggiati dall’appartenenza alla zona Euro e lasciarla così immobile e passiva. E’ il mantra: “Se uscite dall’Euro, la vostra nuova moneta si svaluterà e di conseguenza l’inflazione esploderà!”. In proposito ho già scritto nel febbraio scorso questo post, sempre sull’interessante caso in divenire della Gran Bretagna che, in sostanza, qui aggiorno e proietto nei prossimi anni utilizzando le nuove previsioni del FMI.
Partiamo dalla constatazione che, dopo l’esito del referendum del giugno 2016, la sterlina si è fortemente svalutata (qui sotto il grafico di fxtop.com) tra il 10 e il 14% rispetto a dollaro, euro e yen.
Ben, adesso ecco i dati FMI dell’inflazione recente e futura della Gran Bretagna, confrontata con quella di Stati Uniti e Germania
InflazAnno B2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022
Gran Bretagna 0 0,6 2,4 2,6 2,2 2,1 2,0 2,0
Stati Uniti 0,1 1,3 2,6 2,4 2,6 2,3 2,2 2,3
Germania 0,1 0,4 2,0 1,7 1,9 2,1 2,2 2,4
Non servono commenti, la bufala è evidente. La spiegazione generale è banale: l’aumento dei prezzi delle importazioni determinato da una consistente svalutazione, si incanala nel sistema complesso, articolato e reattivo della più ampia economia del paese in questione e viene, in gran parte o del tutto, riassorbito e neutralizzato. In più la svalutazione fa ripartire le esportazioni, accelerando la crescita della produzione/Pil. Per una spiegazione più articolata rimando al già citato post di febbraio “Le panzane sull’Eurouscita/1 – Svalutazione ed Inflazione, il caso Brexit“.
A completamento del quadro, tenete presente che da quando è stata votata la Brexit, i “Btp” decennali del debito pubblico di Sua Maestà sono andati a ruba e nel giro di 2 mesi (agosto 2016) il tasso di interesse è sceso da oltre il 2% di giugno al minimo storico dello 0,6% per assestarsi poi intono al 1%. Oddio, la Brexit! La realtà è che la Gran Bretagna, a differenza dell’Italia e di tutti i paesi eurodeboli, ha una Banca Centrale pronta a difendere l’interesse nazionale (come Giappone, Stati Uniti, Corea, Cina, India, Taiwan, ecc. ecc. ecc.).
Altri esempi
Per la “banale” legge dell’unità dei contrari (una salita è anche una discesa) spesso dimenticata, ricordo che ad una svalutazione corrisponde una rivalutazione, che dovrebbe – secondo la sciocca corrispondenza svalutazione=aumento dell’inflazione – significare rivalutazione=calo dell’inflazione. Anche questa stupidaggine non trova conferma nei dati esposti. Continuiamo questa mini indagine.
Il mondo è infatti un pullulare da sempre di continue svalutazioni/rivalutazioni che non hanno quasi mai sconvolto le economie interessate e quando è avvenuto c’era la confluenza di altri determinanti fattori. Vi propongo alcuni altri esempi di importanti svalutazioni/rivalutazioni alle quali non ha corrisposto un aumento dei prezzi nel paese della svalutazione e un calo dei prezzi nel paese della rivalutazione:
- la svalutazione del 25% circa dell’Euro sul dollaro dal 2008 ad oggi (qui il grafico) qui i dati FMI dell’inflazione europea, e qui quella americana
- la svalutazione dello Yen giapponese di oltre il 30% nei confronti del dollaro dal 2012 ad oggi (qui il grafico). A fronte di tanta svalutazione, fatto salvo un aumento di 2 punti nel 2014, l’inflazione giapponese mantiene il suo ventennale valore che oscilla tra il -1% e il +1%.
- la svalutazione superiore al 25% sul dollaro del Won coreano nel 2008-2009 (qui il grafico), con l’inflazione che aumentò di 2 punti dal 2,5% ante svalutazione al 4,7% nel 2008, per poi rientrare già nel 2009. (qui i dati FMI).
- un esempio illustre che ci riguarda direttamente. L’imponente svalutazione della Lira tra settembre 1992 e aprile 1995, nei confronti del dollaro (50%), del marco tedesco (27%) e del franco francese (26%)
Ecco allora i dati dell’inflazione : 6,2% nel 1991, l’anno ante svalutazione; nel 1992 l’inflazione scende (!) al 5,0%; nel 1993 siamo al 4,5%; 4,2% nel 1994 e 5,4% nel 1995. La tabella FMI da cui ho preso i dati contiene anche i valori dell’inflazione di USA, Germania e Francia, che non commento, ma ne varrebbe la pena.
(Per inciso – Questo caso è importantissimo per noi italiani perché ha diversi risvolti cruciali per il nostro ingresso nella Unione Monetaria Europea. Ho in programma di svilupparlo in un apposito post. Faccio qui solo notare che dopo l’inevitabile contraccolpo nel 1993, l’economia italiana visse a partire dal 1994 l’ultimo grande ciclo di crescita ante Euro, terminato nel 2002 e trainato – ma guarda un po’che strano! – dalle esportazioni. Anche i conti pubblici erano in forte miglioramento. Qui i dati del FMI. )
Potrei continuare con decine e decine di esempi delle più svariate economie del mondo. Se volete divertirvi, o se non siete convinti, i link che vi ho segnalato vi danno accesso diretto alle banche dati da utilizzare per togliersi ogni dubbio. Vi assicuro che è un ottimo esercizio!
La prossima panzana
La prossima gigantesca panzana che proverò a dimostrare essere tale è un altro pilastro del bombardamento mediatico della propaganda che ci vuole tenere al guinzaglio dell’oligarchia di potere euro-americana, eccola: “I paesi piccoli non possono sopravvivere nel mondo globalizzato”. Amen
APPENDICE SUL FMI – Il Fondo Monetario Internazionale fu istituito nel 1945 come parte integrante della rete di potere mondiale che l’America, legittimata dalla vittoria della seconda guerra mondiale e dalla sua supremazia industriale e finanziaria, cominciava a tessere in quel periodo cruciale, apprestandosi a sostituire la Gran Bretagna.
La nascita dell’istituto con sede a Washington era stato anticipata – anzi ne fu una conseguenza – dalla fondamentale conferenza di Bretton Woods (1944) che stabilì la supremazia del dollaro come moneta di riserva internazionale e fu seguita dalla nascita della Banca Mondiale (1945), della NATO (1949) e della Comunità Europea (Trattato Roma, 1957). Molto altro seguì.
In 72 anni il ruolo del FMI è cambiato notevolmente, è spesso messo sotto critica, ed è oggi prevalentemente uno istituto che concede prestiti a paesi – spesso messi appositamente – in difficoltà. Ricorderete senz’altro il FMI come membro della Troika filo tedesca e ammazza Grecia, dalla quale l’istituto di Washington ha dissentito e tuttora dissente, sostenendo che i salvataggi non servono e ci vuole invece una ristrutturazione (=una cancellazione mascherata) del debito per far ripartire il paese ellenico. Un sussulto di onestà intellettuale o, più probabilmente, un cinico ed ipocrita calcolo di opportunità politica?
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La situazione nella quale ci troviamo ,è il frutto di una visione diversa per quanto concerne il raggiungimento del benessere e del progresso del genere umano.
Sino a qualche decennio tali obbiettivi si pensava potessero essere raggiunti con una economia capitalistica ,a dire il vero un certo benessere il capitalismo lo ha creato, però è anche vero che non tutti ne hanno beneficiato ,oggi per raggiungere benessere e prosperità , una grande parte del mondo intellettuale pensa di poterlo realizzare con i burocrati pubblici,direttive statalistiche,globalizzazione…,mortificando l’iniziativa privata…. i risultati di queste scelte cominciano a dare i loro frutti…..viene esaltata la mediocrità , il mondo si avvia ad essere un mondo senza colori,essere più intelligenti ed intraprendenti sta diventano un difetto perché nella visione di questo mondo futuro è stabilito che tutti siano più o meno uguali ..un mondo grigio affogato nella mediocrità comune…la nuova casta non saranno più la borghesia ,i grandi capitalisti ,commercianti, industriali …..ma i burocrati di stato coadiuvati dai giudici e dai politici che seguiranno le loro direttive.
Come al solito si risponde agli eccessi con altri eccessi,sarebbe stato sufficiente correggere nella giusta misura quello che non andava nella visione capitalistica per non avviarci al casino nel quale stiamo entrando , per percorrere questa strada è necessario e basilare controllare l’informazione ,il mondo degli intellettuali lo sa bene, ed è quello che sta facendo avvallando un motto antico…..il fine giustifica i mezzi ….quindi le palle con le quali rimbambiscono ogni giorno i cittadini sono giustificate…il dramma è che il fine al quale andiamo incontro sarà un disastro se ne intravedono chiaramente i segnali…gli unici a non accorgersene
sono i macchinisti del treno che guidano la locomotiva…. se ne accorgeranno…e purtroppo ce ne accorgeremo anche noi quando il treno cascherà in un burrone.
“Come al solito si risponde agli eccessi con altri eccessi, sarebbe stato sufficiente correggere nella giusta misura quello che non andava nella visione capitalistica per non avviarci al casino nel quale stiamo entrando”
Gianca sono d’accordo con il tuo commento ed in particolare con questo passaggio. E’ una semplice, ma anche valida chiave di lettura del percorso del capitalismo (forse di tutta la storia umana). Il capitalismo senza eccessi era quello che una volta era chiamata “Economia sociale di mercato”, ma che non ha avuto un vero seguito, non ha trovato largo spazio nel percorso storico del capitalismo occidentale. Provo a cercare il perché.
Una società equa/economia sociale di mercato presuppone un’autorità della comunità che faccia 4 cose: 1) gestisca la creazione di moneta con strutture pubbliche auto equilibranti (controllo parlamento su Istituto di Emissione, stabilito nella Carta Costituzionale 2) aiuti con l’istruzione e la formazione a contenere gli inevitabili e non rimuovibili squilibri interni alle classi sociali di una comunità di individui 3) impedisca la formazione di dominanti posizioni di forza economiche e finanziarie, mantenendo un clima concorrenziale 4) garantisca vera pluralità (termine più appropriato di “libertà”) di cultura e d’informazione
Nessuna di queste 4 condizioni è oggi attuata, anzi siamo spesso nella situazione opposta. Quella che è determinante nel dare il ritmo alla “comunità” mondiale è la finanza privata, attraverso il controllo della creazione di moneta e le sue propaggini private sempre più “too big to fail”, che comperano e controllano la politica e l’informazione.
Il percorso storico che ci ha portato a questa situazione risale a molti secoli fa. Precisamente a quando i banchieri/commercianti toscani del 500, hanno cominciato a finanziare principi e sovrani rendendosene però anche succubi. Quando sono nate le Banche centrali degli Stati/Nazione, hanno replicato lo stesso rapporto di connivenza e dipendenza tra politica e finanza privata.
A questo “baco” di origine storica si è sovrapposto da più di 2 secoli il capitalismo industriale, che ha due leggi intrinseche che hanno indirettamente completato l’opera: 1) la concentrazione come legge di sviluppo, che ha prodotto le grandi corporation che fanno spesso cartello uccidendo la concorrenza 2) la sempre crescente accumulazione di surplus finanziario (progresso tecnico/produttività), che si incanala nello stesso sistema bancario che già controlla l’emissione di moneta, ha creato il cartello mondiale della finanza. Il capitalismo industriale è diventato così secondario rispetto a quello finanziario.
Questo passaggio avvenuto nella seconda metà del secolo scorso non è un semplice cambiamento ma un ribaltamento di valori: dal profitto industriale alla rendita finanziaria, dall’attaccamento alla fabbrica, alla qualità e allo sviluppo tecnico si passa al calcolo speculativo e all’usura, dal confronto concorrenziale concreto ai trucchi e all’inganno dei mercati finanziari. Siamo dentro questa fase che governa il mondo occidentale e tenta la conquista degli altri continenti, passando dalla fase industriale, che è in pieno svolgimento in Asia, ma la meta è quella del controllo finanziario.
L’economia sociale di mercato e il relativo ruolo pubblico vengono citati, quando succede, come concetti novecenteschi superati. Lo stato è invece il nemico da abbattere. Per il capitalismo industriale l’equità era quasi una necessità: Ford voleva che fossero i suoi stessi operai a comperare le auto che produceva. Il capitalismo finanziario non deve concretizzare il valore dei suoi “prodotti”, sembra che si autorealizzi autonomamente
I 4 punti che ho citato all’inizio sono rivoluzionari, ma non sono affatto tecnicamente complessi. Sono rivoluzionari perché richiedono una presa di coscienza collettiva, un risveglio sociale che produrrebbe la classe politica adeguata a realizzare i 4 punti. In rete c’è una certa maturazione, ma troppo poco rispetto alle armate mediatiche dell’élite. E’ quindi difficile non essere pessimisti, ma l’ondata “populista” che stiamo vivendo dimostra che larghe fasce dei popoli occidentali, con le ferite della crisi sulla propria pelle, cercano una nuova strada. Può essere anche rischioso, ma meglio dello stallo puro e semplice.
Gianca, grazie del contributo che, come spesso accade, mi porta ad esagerare con le risposte