Post referendum, pensieri sparsi su vincitori e vinti. E una domanda: e adesso?

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I vincitori: gli italiani

L’alta affluenza e il (quasi) 60% di NO sono l’espressione di una grande momento di reazione della maggioranza del popolo italiano, un segnale importante – che auspicavo ma che non era per nulla scontato – che ci dice che il bombardamento mediatico del potere ha i suoi limiti, sopratutto se il suo racconto è troppo lontano o in contraddizione con le esigenze, le condizioni di vita  e le prospettive dei cittadini. 

L’opinione pubblica non ha bevuto la potente propaganda renziana, supportata dalla principale stampa, da televisioni, da opinionisti, da illustri conduttrici(Lilli) e conduttori (Vespa) e dai ricatti del mondo finanziario angloamericano, che favoleggiavano del balzo in avanti dell’Italia con un SI referendario.

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Ed è vero: sarebbe stato il balzo in avanti degli interessi stranieri che i governi italiani da almeno 20 anni in qua hanno assecondato in materia di debito pubblico (leggi qui e qui), di borsa (qui), di banche (qui e qui), di impresa private (qui), di aziende strategiche (qui), non disdegnando come clienti anche stati arabi noti finanziatori del terrorismo islamico (qui e qui)

Lo schierarsi per il SI dei “poteri forti” – ovvero Confindustria, Prodi, J.P.Morgan e assimilati, il Financial Times, il New York Times, il Washington Post, la Merkel, Obama (e il suo ambasciatore in Italia) e i ripugnanti tecnocrati non-eletti della Unione Europea – deve aver fatto sorgere il sospetto in molti italiani che questa riforma servisse più agli interessi stranieri che non a migliorare il loro futuro. Anche il forcing finale del “Grande Comunicatore” ha probabilmente nauseato molti cittadini.

I pretesi benefici della salvifica riforma costituzionale targata Renzi/Boschi/Verdini/Alfano poco hanno potuto – devono anzi essere sembrati ridicoli ed offensivi – contro la decadenza pluriennale della vita economica e sociale della maggioranza degli italiani (certificata nuovamente dall’Istat pochi giorni fa). Che non si sentono esclusivi colpevoli del degrado nazionale e hanno probabilmente capito/fiutato con l’occasione referendaria che c’è un sistema di potere con radici all’estero che mena la danza.

I vincitori: Marco Travaglio

Simpatico o antipatico che risulti, onori al merito a Marco Travaglio. E’ stato, a mio avviso, il combattente e vincitore principale dell’eterogeneo fronte del NO, il maggiore artefice della sconfitta di Renzi. Ha condotto con Il Fatto Quotidiano una dura, lunga e chiarificatrice battaglia contro la pessima abbinata riforma costituzionale-legge elettorale.

Lo ha fatto anche con una diretta esposizione personale, il cui momento clou è stato il confronto diretto con Matteo Renzi, apparso in quel frangente chiaramente in difficoltà, perché si trovava in quel momento davanti ad un avversario preparato e non subalterno. 
Interessante anche questo video dei primissimi mesi del governo Renzi, facile bersaglio di Travaglio, dato l’esordio del neo Primo Ministro a base di fuochi d’artificio di promesse, piene di contenuti mirabolanti e tempi di realizzazione record.

Gli sconfitti: Matteo Renzi

Al sorgere del fenomeno di Rignano, oltre ad augurarmi che nell’interesse dell’Italia fosse un reale fattore di cambiamento in meglio, mi ero anche posto la domanda sulla sua personalità, nel post “Renzi: Macchiavelli, Napoleone o Direttore commerciale? A distanza di quasi 3 anni ho la risposta: di Macchiavelli non ha nulla, di Napoleone ha solo la parte perdente di Waterloo, del Direttore commerciale in versione venditore di fumo tantissimo.

E’ talmente sintonizzato sulla forza di convincimento della comunicazione che ha fatto spendere 400 mila euro al Partito Democratico (cioè nostri soldi) per ingaggiare nella campagna referendaria il “guru” Jim Messina, che aveva negli anni scorsi ispirato campagne di Obama e di Cameron (… Brexit inclusa) . Avvolto nella sua bolla di potere, lontana anni luce dall’umore, dalla sensibilità e dai bisogni della gente comune, ha puntato su una campagna di comunicazione destinata al fallimento perché promuoveva il “prodotto” di cui i cittadini non sentivano assolutamente il bisogno.

Un uomo di stato, a differenza di un politicante opportunista come Renzi, saprebbe che i bisogni degli italiani che si stanno accumulando ormai da una ventina d’anni di CambioFissoEuroMarco a trazione tedesca – a cui si sono sovrapposti 8 anni di Grande Recessione – sono: la disoccupazione giovanile superiore al 35%, più del 20% della popolazione che vive in stato di povertà (dati Istat), il Sud Italia con 1 italiano su 2 a rischio indigenza, la classe media che si sta impoverendo. Non è un caso che la sconfitta di Renzi venga dai giovani e dal Sud 

Dal 2008 l’Italia ha perso il 25% della produzione industriale, l’8% del Pil (anziché una crescita fisiologica del  13%), i risparmi degli italiani sono a rischio perché il sistema bancario ha accumulato crediti deteriorati compresi – a seconda delle fonti – tra 200 e 350 miliardi. Ovviamente Renzi le sa queste cose, ma per lui era ed è prioritaria la sua corsa di potere e di accreditamento presso l’élite straniera.

Purtroppo ce lo terremo, è un animale politico, ancora giovane e il tempo per tentare una rivincita ce l’ha. Non manterrà certo l’impegno espresso ancora nel maggio scorso di lasciare la politica in caso di sconfitta referendaria (“se perdo non sto in paradiso a dispetto dei Santi ….. vado a fare altro nella vita”). Così come continueremo a sorbirci un suo degno compare, l’ineffabile De Luca, nonostante la sua personale Caporetto referendaria in Campania, altro grande segnale di reazione popolare.

Con una rara preveggenza, la debacle di Renzi era stata messa in preventivo meno di 3 anni fa – ovvero all’indomani dell’affermazione dell’astro nascente Matteo alle primarie del PD – dal suo concittadino Leonardo Pieraccioni, con uno stile verbale tutto toscano, da non perdere.

Gli sconfitti: il presidente emerito Giorgio Napolitano

La riforma costituzionale e la legge elettorale di Renzi erano parte integrante dell’agenda di Re Giorgio, il “grande” artefice della storia italiana degli ultimi decenni, non esente tuttavia nemmeno lui da minutaglie tipo la cresta sul rimborso aereo quando era deputato socialista a Bruxelles. 

L’obiettivo era di ridurre ulteriormente la sovranità nazionale, i margini di democrazia in Italia e di rafforzare la sudditanza del paese ai centri di potere globalisti angloamericani. Risultati immagini per napolitano referendumCi stava riuscendo l’ineffabile ex comunista, ma anche lui avvolto nella sua bolla regale ha sbagliato i calcoli, ha sottovalutato l’effetto della crisi sulla pancia e le menti degli italiani. Il suo slancio verso il completamento dell’opera – un tutt’uno con l’ambizione sfrenata del Matteo da Rignano – lo ha portato ad una grave sconfitta postuma del suo lungo regno.

Anche se apparentemente defilato, credo che tenterà ancora di influenzare la scena politica italiana, sarà infatti il primo che il presidente Mattarella dovrà consultare per affrontare la crisi di governo.

Gli sconfitti: i media di regime

Dopo la Brexit e la vittoria di Trump in America, la vittoria del NO nel referendum italiano segna la terza cocente sconfitta della stampa e Risultati immagini per media regimedelle reti televisive ortodosse (di regime) occidentali in questo storico 2016.
Si rafforza quindi la domanda su cosa stia succedendo all’interno delle altoparlanti dell’oligarchia di potere. Hanno continuato a suonare lo spartito tradizionale perché erano convinti di vincere o per semplice forza di inerzia comunicativa? Oppure sono stati presi in contropiede dalle segrete decisioni dei ristrettissimi circoli della finanza globale e che ancora non sono state promulgate o capite? Lascio in sospeso la domanda che riprenderò nella prossima sezione del post.

E adesso?

Da quando abbiamo perso la sovranità monetaria, il controllo della politica economica e fiscale, il destino dell’Italia si gioca prevalentemente fuori dai nostri confini. Quindi non spenderò molte parole sui patetici giochi politici, che screditeranno ulteriormente – se possibile – la politica e i partiti tradizionali agli occhi degli italiani. Con ogni probabilità ci sarà, in uno scenario di baruffe permanenti, un governo post Renzi (il quale, ribadisco, non sparirà affatto), per rivedere la legge elettorale ed andare alle elezioni politiche. 

Votazioni che difficilmente avverranno prima di fine 2017 perché la maggior parte dei parlamentari sono di prima nomina e maturano il diritto al vitalizio in settembre dell’anno prossimo (percepiranno la pensione al compimento di 65 anni di età). A quel punto può anche darsi che si arrivi a marzo 2018, scadenza naturale della legislatura. I balletti sulla legge elettorale saranno infiniti, tutti tesi ad ostacolare il Movimento 5 Stelle, a tenere in vita i partitini (bassa soglia di sbarramento), le ammucchiate e, ovviamente, le nomine dei candidati ad opera dei capi partito. Niente di serio invece su: obbligo di programma, dichiarazione preventiva di eventuali coalizioni di governo, divieto di abbandono volontario del partito elettivo, regolamentazione rigida per la formazione di nuovi ed autonomi gruppi parlamentari, ecc.

Sarà molto più importante nel prossimo anno seguire i seguenti eventi politici: le elezioni in Francia ed in Germania e, ancor di più, l’avvio della politica interna ed estera (Russia? NATO/UE? Iran?)  della presidenza Trump. Tutto ciò sarà avvolto nell’alone delle mosse degli Istituti di Emissione/Banche Centrali, in simbiosi con quelle della finanza privata, che decideranno se fare scoppiare le bolle di debito pubblico e privato o se riassorbirle gradualmente (ipotesi più probabile).

Proprio il mondo della finanza, come rilevavo nella sezione precedente, sembra inviare segnali di distensione. Forse ha – sia pur temporaneamente e solo per opportunismo tattico – accantonato la ferocia speculativa e l’avidità destabilizzante che l’ha contraddistinta da sempre. Che abbia alzato momentaneamente il piede dall’acceleratore della globalizzazione, per dare un po’ di sollievo ai popoli occidentali (Trump in USA), troppo spremuti negli ultimi 25 anni? Ed evitare reazioni “scomposte “(implosione della UE/Eurozona)? Se è così ne beneficierà anche l’Italia ed i nostri politici italioti seguiranno l’onda ed eseguiranno fedelmente le disposizioni. Ai prossimi post

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2 thoughts on “Post referendum, pensieri sparsi su vincitori e vinti. E una domanda: e adesso?

  1. Caro Prof,

    Innanzitutto rallegriamoci per lo scampato pericolo; un esito positivo del referendum sarebbe stato nefasto per il Paese e avrebbe prolungato i suoi effetti per un lungo arco temporale.
    Per quanto riguarda vincitori e sconfitti, concordo con te che i veri vincitori siano innanzitutto gli italiani, che non si sono fatti abbindolare da una propaganda scandalosa sia per la potenza di fuoco messa in campo che per il contenuto ingannevole deila comunicazione dei fautori del si.
    Sono vincitori poi tutti quegli innumerevoli attori della società civile che si sono spesi in un’azione capillare per squarciare il velo della mistificazione, a partire dagli uomini di legge. E anche i comuni cittadini che si sono impegnati in dibattiti con conoscenti, amici e familiari per mettere a fuoco il vero significato del nuovo testo costituzionale e del quesito referendario.
    Tra gli sconfitti aggiungerei anche quella fetta di borghesia che ha votato per il rafforzamento degli attuali equilibri socioeconomici; che ha guardato più agli interessi del proprio portafoglio che a quelli di una nazione ormai allo stremo delle forze.

    Questo bellissimo risultato ci dice molto sugli attuali umori degli italiani, validato sia dall’alta partecipazione al voto che dalla nettezza del risultato.
    Il primo e più importante dato è a mio vedere la composizione del voto; la quota di no è stata molto più elevata nelle fasce giovani della popolazione, e questo mi dà grande speranza per il futuro, e tra i segmenti più deboli della popolazione. Il si ha vinto nella borghesia (Milano, i quartieri bene di Roma tanto per fare qualche esempio), oltre che nelle roccaforti PD Emilia Romagna e Toscana, anche se di stretta misura. Questo certifica che la spaccatura tra le classi sociali si è ulteriormente ampliata, minando alla radice quella coesione sociale che è una delle aree di forza della nazione italiana; ci dice poi che la politica renziana dei bonus e delle mance elettorali è miseramente fallita.
    Gli italiani non si accontentano più della paghetta mentre vengono spolpati a favore delle nazioni più ricche, Germania in testa.
    Ci dice poi che se la gente si incazza i poteri forti tacciono, anzi cominciano a farsela sotto. Sfoderano ipocriti ramoscelli d’ulivo (vedi le dichiarazioni sulla solidità del Paese a prescindere dal risultato elettorale fatte da alcuni politici esteri)
    Dove sono finiti i paventati crolli di borsa? E il rialzo vertiginoso dello spread?
    Ormai la maschera sta per cadere in tutta Europa e non solo, visto quanto successo nelle recenti elezioni presidenziali USA.
    Ormai la politica si fa sui contenuti, più che sulle etichette. Questo è l’altro segnale forte. Gli elettori si riconoscono sempre meno nelle gabbie ideologiche dei partiti e sempre più sui temi sui quali è importate lavorare.
    A questo proposito, la prossima e più significativa tappa è quella dello smascheramento del vero significato dell’Euro per gli italiani. Sono lieto che una delle prossime azioni dei Cinque Stelle sarà una raccolta di firme per un referendum su questo tema. Tanto per essere espliciti, non ho mai votato Cinque Stelle e non credo sia interessante per nessuno in questo momento leggere le mia valutazioni su questo movimento; ma stai pur certo che mi metterò in fila per firmare quando inizierà la raccolta.
    I tempi sono maturi; cambiamenti radicali si prospettano finalmente in tempi ragionevoli.

    Giovanni

  2. Caro Giovanni, abbiamo vinto la tappa, ma la corsa è appena iniziata.
    Il M5S sull’euro è molto ambiguo, propone il referendum senza una chiara adesione e motivazione all’uscita e sa bene che i trattati internazionali (l’euro lo è) sono vietati dalla Costituzione. Al momento mi sembra più propaganda.
    Grillo ha dichiarato più volte che il sistema gli dovrebbe essere grato perché ha “ingabbiato” la protesta. I sondaggi danno la maggioranza favorevole all’euro.
    Come auspichi tu, ben prima di andare ad un voto sull’euro deve partire la “campagna di smascheramento” (da parte di chi?) Altrimenti vincono i pro euro e ce lo teniamo in schiavitù per altri 30 anni.

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