QUESTO Euro NO!!/3 – Napolitano euroeconomista critico e preveggente, europresidente accondiscendente

La visione critica dell’euroeconomista Napolitano del 1978

La storia della foto di Benigni e Berlinguer - Il PostFra le tante illustri menti che avevano previsto i rischi connessi a sistemi di cambi rigidi tra paesi indipendenti e strutturalmente diversi, si annovera anche Re Giorgio. Lo fece nel dicembre del 1978, nel pieno della maturità (53 anni), con un discorso alla Camera dei Deputati, che si rivelò una lezione di economia politica. 

Eravamo alle battute finali precedenti il lancio dello SME – sarebbe entrato in vigore il 13 marzo 1979 -, che era il secondo tentativo franco-tedesco (dopo il Serpente monetario) di creare delle bande di contenimento delle oscillazioni delle valute europee. La seduta aveva come oggetto la discussione sulla proposta di adesione IMMEDIATA dell’Italia allo SME. Napolitano (e il PCI, guidato da Berlinguer) si pronunciò contrario, perché la configurazione dello SME franco-tedesco conteneva forti rischi per l’Italia. Seguiamolo in questa lectio magistralis.

I testi colorati e in corsivo della finestra che segue sono estratti dall’intervento di Napolitano, che è verbalizzato integralmente nelle 8 pagine (dalla 24992 alla 25000) di questo resoconto parlamentare del 13 dicembre 1978.

Dopo aver confermato la disponibilità del PCI per la costruzione di  un sistema monetario europeo, il futuro Presidente ricorda che «la preoccupazione espressa dai nostri negoziatori fu innanzitutto quella di dar vita a un sistema realistico e duraturo …. E come condizione perché il nuovo sistema risultasse realistico e duraturo si indicò uno sforzo volto a contemperare le esigenze di rigore che un sistema di cambi deve necessariamente avere con la realtà della Comunità, che presenta situazioni fortemente differenziate ….»

Purtroppo nel recente decisivo vertice di Bruxelles si è manifestata – prosegue il predestinato Re Giorgio – «una sostanziale resistenza dei paesi a moneta più forte, della Repubblica federale di Germania, e in modo particolare della banca centrale tedesca, ad assumere impegni effettivi …. E’ così venuto alla luce un equivoco di fondo ….: se cioè il nuovo sistema monetario debba contribuire a garantire un più intenso sviluppo dei paesi più deboli della Comunità, delle economie europee e dell’economia mondiale, o debba servire a garantire il paese a moneta più forte ……»

Ora viene il cuore del pensiero economico di Napolitano, quando sostiene che l’Italia ha bisogno di «un particolare sforzo …. per conseguire un più alto tassodi crescita» mentre esiste invece il rischio che « i vincoli del sistema monetario, quale è stato congegnato, producano effetti opposti.» 
Subito dopo esplicita queste fondamentali affermazioni, spiegando che 
«di fronte ad una tendenza alla rapida svalutazione della Lira rispetto al Marco – che discende dallo scarto attualmente così forte tra tasso di inflazione italiano e tedesco – le regole dello SME ci possano portare ad intaccare le nostre riserve e a perdere di competitività, ovvero a richiedere di frequente una modifica del cambio; una svalutazione ufficiale e brusca della Lira fino a trovarci nella necessità di adottare drastiche politiche restrittive.
Il rischio è comunque quello di dissipare i risultati conseguiti negli ultimi due anni in materia di attivo della bilancia dei pagamenti e delle riserve » E ribadisce che «il rischio è quello di veder ristagnare la produzione, gli investimenti, e l’occupazione

Napolitano si rammarica poi che, sempre nel recente decisivo vertice di Bruxelles, sia stata rigettata la richiesta italiana «del trasferimento di risorse e della revisione delle politiche comunitarie in funzione dello sviluppo delle economie meno prospere

Quest’ultima richiesta (trasferimento di risorse) mette il dito sulla piaga della assenza di una visione realmente comunitaria da parte dei paesi forti ed è anche una fine premessa politica: infatti Napolitano, poco dopo si toglie un bel sasso dalla scarpa ricordando che con la politica agricola comunitaria (PAC), in essere sin dagli anni ’50, il trasferimento di risorse in realtà esiste, ma nella direzione sbagliata, a favore cioè di Francia e Germania: «Non si può parlare di politica agricola comunitaria ……… e tacere sulle gravissime distorsioni che essa ha prodotto a beneficio dei paesi più ricchi a svantaggio di paesi come l’Italia, alla quale ……… è stata addossata una tassa che da qualcuno viene calcolata (si tratta di calcoli probabilmente discutibili, ma non possediamo stime ufficiali) in 2 mila miliardi di lire.» 

Ci avviamo verso la conclusione: «No, onorevoli colleghi, noi siamo dinanzi, ad una risoluzione, quella di Bruxelles, che assume i limiti ristretti della creazione di un meccanismo del tasso di cambio, le cui caratteristiche rischiano per di più di creare gravi problemi ai paesi più deboli che entrino a farne parte ……. La verità è che forse ……. si è finito per mettere il carro di un accordo monetario davanti ai buoi di un accordo per le economie

E nel finale diventa incalzante verso il governo Andreotti allora in carica (appoggiato esternamente dal PCI …): «E’ nostra convinzione che avremmo potuto esercitare una maggiore forza contrattuale mantenendo la nostra riserva, la nostra posizione di non ingresso immediato …….. quella che non possiamo accettare è una posizione …… di sfiducia radicale nel nostro paese e di utilizzazione strumentale dei nostri impegni comunitari a fini interni, quali che siano.»

Il profilo economico del discorso di Napolitano
La fonte primaria di tutti i dubbi e delle conseguenti valutazioni dell’economista Napolitano è “lo scarto attualmente così forte tra tasso di inflazione italiano e tedesco”. In effetti dopo il lungo periodo di stabilità dei prezzi degli anni ’50 e ’60, a partire dal 1973 l’inflazione cominciò ad aumentare in Italia più che negli altri paesi occidentali: fu l’anno della prima crisi petrolifera, che ci penalizzò particolarmente, data la nostra maggiore dipendenza energetica dall’estero. A ciò va aggiunto che nel 1975 entrò in vigore l’accordo sulla scala mobile (siglato da Agnelli e Lama) che – agganciando automaticamente i salari all’aumento prezzi – contribuiva a sua volta ad alimentare l’inflazione italiana. Era l’inflazione da costi (energetici e del lavoro)
E i numeri parlano chiaro: l’anno precedente il discorso di Napolitano, l’inflazione in Italia fu del 18,5%, in Francia del 9,5%, negli Stati Uniti 6,5%,  in Giappone 8,2% e in Germania 3,7% (per una più ampia ed interessantissima panoramica dei dati rimando alla seconda di queste tabelle).
Di tutto ciò Napolitano era perfettamente consapevole e capì che, in quella situazione, agganciare la Lira al Marco con una banda di oscillazione del 6% – come prevedeva lo SME – era un’utopia. In più, la storia ci mise lo zampino, con il secondo schok petrolifero che si verificò proprio l’anno successivo al suo discorso.
Risultato: nei 20 anni della travagliatissima vita dello SME (arriviamo quindi a fine 1998, quando entrò in vigore CambiofissoEuro) tutti i rischi individuati dal futuro Presidente si concretizzarono:

  1. i prezzi al consumo in Italia crebbero del 178% più di quelli tedeschi (Fonti: la seconda di queste tabelle + ISTAT)
  2. il mercato valutario svalutò la lira rispetto al marco del 118%. Se combiniamo questo dato con quello precedente ci rendiamo conto che alla fine del periodo SME i prezzi italiani, in termini reali, crebbero del 28% in più di quelli tedeschi (ed è con questo “sovraccarico” che entrammo nell’era di CambioFisso Euro, durante la quale il differenziale di inflazione è salito, a fine 2012, al 40,2%)
  3. l’Italia attraversò nel 92-93 una crisi molto acuta e l’allora governo Amato, insieme al Governatore di Bankitalia Ciampi, dovette “intaccare le nostre riserve ….” e “adottare drastiche politiche restrittive”

Il profilo politico del discorso di Napolitano
Un ultimo commento al brillante ed aggressivo Napolitano 50enne e, questa volta,
sotto il profilo politico. Due i punti:

  1. il futuro europresidente individua (anticipando Prodi di … 34 anni) con estrema chiarezza il disegno della Germania di utilizzare la rigidità dei cambi a proprio vantaggio, come? Evitando la contropartita, cioè di “assumere impegni effettivi” vale a dire i “trasferimenti di risorse”, che dovrebbero accompagnare una moneta comune tra paesi di struttura e forza economica diverse. Detto ancora meglio: “si è finito per mettere il carro di un accordo monetario davanti ai buoi di un accordo per le economie”
  2. coerentemente con il punto precedente, Napolitano sostiene la linea politica tesa ad “esercitare una maggiore forza contrattuale” attraverso la non adesione immediata allo SME.

Comincia l’Eurozona.
Il 1° gennaio 1999 il tormentatissimo SME fu sostituito dallo SME perfetto  cioé CambiofissoEuro – che, sostituendosi nel mercato valutario alle valute nazionali europee (bloccate ai cambi del 31.12.1998), ne eliminò le reciproche svalutazioni-rivalutazioni. Ma i differenziali di inflazione, – sia pure molto ridotti rispetto agli anni ’70 e ’80 – ovviamente rimasero.
Nel 2006 Napolitano divenne Presidente della Repubblica e dovrebbe (il condizionale è di natura politica) continuare ad esserlo fino al 2020, vivendo quindi da interprete assoluto il periodo della crisi dei paesi dell’Eurozona. Ma, come vedremo in un prossimo articolo, anziché continuare ad applicare le sue critiche di natura economica e politica del 1978 – che sono a mio avviso ancora completamente valide nel contesto di CambiofissoEuro – è diventato totalmente accondiscendente

Nota aggiuntiva sulla scala mobile. Questo accordo si concluse con la sua eliminazione, che avvenne in due tappe, nel 1984 (Craxi) e nel 1992 (Amato), anno nel quale infatti l’inflazione italiana ritornò più o meno in linea con quella dei principali paesi sviluppati.

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6 thoughts on “QUESTO Euro NO!!/3 – Napolitano euroeconomista critico e preveggente, europresidente accondiscendente

  1. Il suo timore era nn riuscire ad essere abbastanza chiaro,ma direi che ci è riuscito molto bene. Aspetto con interesse il continuo dell ‘ articolo.

  2. “L’EURO E’ UNA FOLLIA: LO DICEVA ANCHE DRAGHI, LO DICONO TUTTI”
    di Alessandro Montanari per “Interesse Nazionale”
    13 Novembre 2017

    La notizia è di quelle clamorose: anche Mario Draghi giudicava l’euro una sciocchezza economica. Erano gli anni Settanta ed il futuro presidente della Bce, allora studente di Economia alla Sapienza di Roma, seguiva appassionatamente la dottrina di Federico Caffé. “Chi frequentava le sue lezioni – ricorda Draghi in un’entusiastica biografia di Stefania Tamburello – lo vedeva come un modello a cui ispirarsi”. Come detto, però, la rivelazione non sta tanto nella curiosa infatuazione giovanile per le teorie keynesiane, quanto piuttosto nella tesi di laurea che guadagnò al promettente economista la lode accademica e l’incarico, ambitissimo, di assistente personale del Professor Caffè. S’intitolava “Integrazione economica e variazione dei tassi di cambio” e, come ammette lo stesso Draghi nel libro della Tamburello (Il Governatore, Rizzoli, 2011, pag. 23), sosteneva “che la moneta unica era una follia, una cosa assolutamente da non fare”.

    Proseguimento:

    https://www.interessenazionale.net/blog/leuro-e-follia-diceva-anche-draghi-dicono-tutti

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