La Repubblica-Affari e Finanza del 23 febbraio 2015
Federico Rampini è un brillante giornalista, saggista, scrittore, con un passato politico nella sinistra. Ha una lunga esperienza di vita o di missioni all’estero (Europa, Cina, Stati Uniti, dove abita con la famiglia). Ha lavorato per Il Sole 24 Ore, attualmente è corrispondente di Repubblica.
Repubblica ha pubblicato ieri nel suo inserto Affari e Finanza questo articolo, dal tono decisamente ottimista, che mi auguro venga confermato dagli avvenimenti futuri. Ho evidenziato in grassetto alcuni passaggi chiave ed ho aggiunto qualche link per documentare e spiegare qualche concetto o termine espresso da Rampini.
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Meno finanza più economia reale. La cura Obama si fa sentire.
Esiste una giustizia in questo mondo? Verrebbe da crederci, per una volta. A giustificare questo ottimismo, c’è una felice coincidenza.
L’aumento dei salari negli ipermercati di Wal Mart, che dà una mano ad una manodopera sfruttata e sottopagata. Dall’altra parte, i dati che vengono da Wall Street rivelano una cura dimagrante in un settore che finora non si era mai negato alcun privilegio.
Ecco un esempio, preso dei conti della Goldman Sachs: la dimensione del suo bilancio si è ridotta del 6% rispetto al 2010 e del 24% in confronto all’ultimo anno pre-crisi, il 2007.
Anche le retribuzioni dei dipendenti di Goldman Sachs si sono rimpicciolite: meno 13% dal 2010 e meno 43% dal 2007.Finora il percorso dell’economia americana era in senso inverso: cresceva la finanza a scapito dell’economia reale; l’ipertrofia di Wall Street coincideva con la dilatazione abnorme delle diseguaglianze sociali.
Non è il caso di cantare vittoria e di celebrare la fine di quel modello di sviluppo distorto. Gli squilibri rimangono, non basta qualche modesto passo in controtendenza per cancellare un’evoluzione che durava da oltre trenta anni.Però quello che sta accadendo a Wall Street e di converso Main Street dimostra che la “cura Obama” è meno palliativa di quanto si credeva. Le riforme dei mercati finanziari volute dal presidente, in particolare la monumentale legge Dodd-Frank, era stato il frutto di molti compromessi.
La lobby bancaria era riuscita a depurare quel testo di legge della sua componente più drastica: la Volcker Rule nella sua versione originaria avrebbe smembratole banche più grosse per evitare il rischio sistemico legato all’eventuale fallimento di uno di questi leviatano.Paul Volcker voleva rifare dopo il disastro del 2008 ciò che Franklin Delano Roosevelt fece dopo il 1929, cioè creare una sana barriera fra i due mestieri: la banca di deposito e quella di investimento. L’operazione stavolta non è riuscita, e i colossi restano tali, da JP Morgan Chase a Citigroup, da Bank of America a Goldman Sachs. Però una piccola cura dimagrante la stanno facendo e la Dodd-Frank c’entra.
Così come c’entra il fatto che alla guida della Federal riserve Obama abbia messo una donna, Janet Yellen che non ha mai avuto soggezione verso Wall Street ne è mai stata collusa con gli interessi della finanza. Il trading speculativo era il 41% del fatturato delle banche oggi è sceso al 20%.
Federico Rampini
Nel merito di quanto dice Rampini, voglio solo aggiungere che l’abolizione del Glass-Stegall Act di Roosvelt è avvenuta nel 1999 con una legge votata a larghissima maggioranza bipartisan dal Congresso americano e controfirmata da Clinton, che non ha opposto neanche il veto simbolico (quello sostanziale era impedito dalla enorme maggioranza dei voti con cui era passata la legge).
Quello che più mi ha colpito di questo breve articolo oltre all’ottimismo di Rampini – che lui stesso ben circoscrive nel suo scritto – è la sua essenzialità, di stampo prettamente americano, con la quale riconduce il grande tema epocale della Finanza a pochi semplici ma essenziali punti. E Rampini ci dice anche che il potere politico americano ne è perfettamente consapevole e che dunque è su quel terreno che si gioca la partita, così come a suo tempo se la giocò Clinton.
Roosevelt-Clinton-Obama tre Presidenti Democratici che fanno e disfano la storia.
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