Ho trascorso la scorsa settimana lavorativa a New York ed ho avuto la possibilità di cogliere alcuni aspetti della vita americana, che riporto in questo post a titolo di semplice cronaca-flash.
L’antipolitica in versione americana.
Il momento politico attuale è particolarmente acceso ed ho avuto occasione di commentarlo con alcuni amici americani. Il loro grado di stima del mondo politico è molto basso e, per capire se fossero casi particolari o meno, ho cercato conforto in dati più significativi.
Sono quindi andato a pescare questo grafico della Gallup – la storica società americana di sondaggi – circa il grado di approvazione degli americani dell’operato del Congresso (il loro Parlamento) dal 1974 ad oggi.
I dati ci dicono che, ad eccezione del periodo 1998-2005 la quota degli americani che ha approvato l’operato del Congresso è oscillata tra il 20 e il 40%. Dal 2011 la percentuale di approvazione è scesa sotto il 20% e settimana scorsa il risultato di un sondaggio Associated Press è stato il 5%!
Non c’è da sorprendersi, settimana scorsa era in atto uno scontro tra Obama e il Partito Repubblicano su questioni vitali (il budget ed il debito federale) per l’economia americana, che ha assunto anche toni apocalittici: il Presidente accusava i repubblicani di estorcere la democrazia, ricambiato dagli avversari con toni altrettanto forti. Insomma, ad un certo punto mi sono domandato se mi trovavo a New York o ancora in Italia (durante la recente quasi-crisi di governo sotto scacco berlusconiano).
Gli amici americani, oltre al loro malcontento manifestavano il desiderio di …. riforme profonde (mi sono risentito in Italia), perché, ad esempio, ne hanno le tasche piene di essere chiamati alle urne ogni 2 anni – elezioni presidenziali e politiche in alternanza – ed infatti la percentuale di votanti alle presidenziali (58,2% nel 2012) è storicamente molto bassa (vedi grafico), ancora di più alle votazioni politiche.
Vorrebbero un mandato presidenziale più lungo, di almeno 6 anni: in effetti il detto popolare è che nei primi 4 anni il Presidente pensa solo a come ottenere la sua rielezione, nel secondo mandato governa, ma a condizione che abbia la maggioranza anche in Parlamento (che non è per ora il caso di Obama). Non male per la cosiddetta prima democrazia del mondo!
La giustizia americana e la politica.
In sostanza i miei interlocutori sostenevano che il loro mondo politico è autoreferenziale, poco attento agli interessi comuni, e che si sentono spesso presi in giro dal finto gioco delle parti della politica. E fin qui continuavo stranamente a sentirmi in Italia.
A quel punto ho chiesto lumi – con non poco spirito masochista, lo riconosco – sul tema del rapporto tra politica e giustizia e sul grado di corruzione nella politica. Ho fatto un autogol clamoroso, i sorrisetti alla Sarkozy-Merkel si sono sprecati: gli americani sono infatti convinti che la loro giustizia funzioni bene e che, proprio per questo, sia anche il deterrente che impedisce alla politica di degenerare. Improvvisamente mi sono sentito uno straniero di un paese del terzo mondo in una nazione civile. Senza volerlo avevo portato i miei amici americani a mettere il dito sulla piaga forse più grave della nostra malconcia Italia.
Riguardo la giustizia americana avevo già colto in precedenza un inusuale metodo da Far West applicato dalla polizia di NY, che avevo documentato in questo post.
L’IMU americana del mio amico Frank.
Non è la prima e non sarà neanche l’ultima sorpresa delle mie frequentazioni americane, ma questa è veramente grossa.
L’amico Frank abita nello stato di New York, in una zona residenziale del Long Island nella contea di Nassau, non lontano da New York City. Paga allo stato di New York quasi 6.000 dollari all’anno di “IMU”, che corrisponde circa allo 0,9% del valore della casa. Non è finita: paga quasi 13.000 di tasse alla contea di Nassau per contributo residenziale (servizi pubblici, strade, verde pubblico, scuole). Paga poi il 22% circa di tasse sul reddito (Irpef), cioè 29.000 dollari. Tirando le somme, su una retribuzione lorda di 130.000 dollari, ne paga 48.000 di tasse (37%). Naturalmente, Frank versa poi contributi per assistenza sanitaria e pensione privata, sostiene consistenti spese di assicurazione e manutenzione della casa.
Cifre sorprendenti, ma non mi sento di trarre conclusioni generali e di fare confronti con l’Italia, il sistema fiscale americano è molto articolato a livello di stato e di contea, forse il Nassau è un caso speciale.
Una conclusione invece l’ha tratta il mio amico Frank: dovrà lavorare fino ad età molto avanzata perché la sua pensione e quella della moglie insegnante saranno assorbite per la maggior parte dai circa 35.000 dollari di tasse e spese per la casa.
La posizione di Frank è abbastanza diffusa negli Stati Uniti e riguarda tutti quelli che non riescono con la loro vita lavorativa, o attraverso investimenti finanziari, a mettere da parte un grande patrimonio per la vecchiaia.
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bravissimo…….ma in italia ? che schifo…non ho parole ! ciao
Ciao Neiva, la prossima volta che vado negli States chiedo a Obama una consulenza sull’Italia, poi ti faccio sapere. Uber
In un primo momento ti consoli un po’ perché pensi sempre che qui vada veramente male ormai; ma che tristezza! Basterebbe così poco a volte per migliorare le cose. ..grazie per l ‘ articolo