La crisi della Spagna potrebbe ………….. salvare l’euro.

Titanic che affonda x ritardo Merkel

Crisi bancaria e crisi dei conti pubblici: la miscela esplosiva della Spagna.

Se leggendo il titolo di questo post vi è venuto da ridere, vi capisco. Ciònonostante vi invito a seguirmi, proverò a spiegare il pensiero che sta dietro al titolo.Spagna in crisi

L’origine della crisi della Spagna.
Si tratta di una micidiale sovrapposizione e integrazione di crisi bancaria e crescita del debito pubblico su cui anche il nuovo governo non riesce ad incidere più di tanto.
La crisi bancaria ha una sua specifica origine, la bolla immobiliare 1996-2006, risultato di una gestione politico-affaristica-palazzinara-truffaldina della 4a banca spagnola, la cassa di risparmio Bankia. 

La Spagna ha innescato la terza fase della crisi Euro.
La prima fase ha riguardato Irlanda e Portogallo ed è stato possibile gestirla con strumenti e risorse già predisposte dall’Eurozona; con la seconda lunga fase, quella della Grecia, si è invece fatto ricorso ad uno strumento di natura straordinaria – l’escamotage del default parziale e mascherato.

Altre due deroghe hanno accompagnato la prima e, ancor di più, la seconda fase e sono state attuate – e imposte di fatto alla Bundesbank tedesca, salvo che non sia il gioco delle parti – dalla BCE: mi riferisco agli acquisti dei titoli di stato dei paesi in difficoltà (avviate dall’allora presidente BCE, il francese Trichet) e all’iniezione di oltre un trilione di euro nel sistema bancario (con Mario Draghi neo-presidente BCE). L'effetto domino dell'euro.Non a caso la Bundesbank si è dichiarata contraria ad entrambe le operazioni: in questo modo infatti la BCE è diventata un ibrido tra quello che prevede il suo statuto e una BCE in formato FED americana.

Con l’esplosione della (latente da tempo) crisi delle banche spagnole siamo entrati a pieno titolo nella terza fase – alla quale si potrebbero aggiungere non trascurabili ritorni di fiamma della prima e seconda fase, leggi Portogallo e Grecia – ed è molto probabile che questa volta siamo alla vigilia di improrogabili interventi strutturali nell’ambito delle istituzioni finanziarie europee, pena l’implosione della zona euro. E io credo che la Germania digerirà, anzi forse promuoverà, queste misure. Vedremo più avanti di cosa si tratta.

L’interesse della Germania a ….. sopportare, e quindi supportare, l’euro.
Chi ha riso leggendo il titolo, se è arrivato sin qui, a questo punto si sta sbellicando. Perché mai la Germania dovrebbe essere disponibile a rafforzare con più solide e più integrate istituzioni la zona euro che la vedrebbero più direttamente coinvolta nella copertura finanziaria degli euro-paesi? Non per solidarietà e, tanto meno, simpatia (Francia) o stima (paesi mediterranei), ma per 3 buonissimi motivi di convenienza economico-finanziaria: 1) Tutta l’industria esportatrice tedesca inorridisce al pensiero di un Nuovo-Marco – o se preferite di un Nuovo-Euro -, sa bene il calo delle esportazioni e dei profitti che ne deriverebbe. E il Pil e le entrate dell’erario tedesco ne risentirebbero di conseguenza.Sede Bundesbank 2) Le banche tedesche hanno in portafoglio ancora troppi bond dei paesi PIIGS, li hanno ridotti ma l’operazione di liquidazione è in corso e richiede parecchio tempo ancora. 3) I tassi pagati dalla Germania per i suoi Bund sono ancor più bassi del dovuto per la loro maggiore affidabilità nell’area euro rispetto ai titoli di stato dei paesi mediterranei. Senza l’euro il costo degli interessi che dovrebbero pagare i tedeschi potrebbe anche raddoppiarsi.

A fronte di questi fattori – che la sua Confindustria, le banche tedesche e il suo ministro dell’economia  le faranno certamente presenti – Angela Merkel deve fronteggiare l’opinione pubblica dei cittadini ed elettori tedeschi, la cui maggioranza vede l’euro – o meglio, la presenza dei paesi mediterranei nell’euro – come una minaccia alla stabilità finanziaria e al controllo dell’inflazione. Che sono poi le bandiere sventolate dalla Bundesbank. Il tutto con le elezioni poltiche previste in Germania nel settembre 2013!

Se potessero i tedeschi abbandonerebbero i paesi mediterranei e  rifarebbero probabilmente una vera Unione europea con i tre paesi scandinavi, Danimarca, i paesi satelliti dell’europa centrale e con alcuni paesi dell’Europa dell’est ( quasi tutti hanno i conti pubblici in ordine e Pil in crescita!). Ma questo è il mondo dei desideri, la realtà è che sono integrati finanziariamente ed economicamente con Francia e paesi PIIGS.

Questa volta il tempo stringe davvero.
I tempi di reazione delle para-istituzioni europee sono stati finora elefantiaci, Merkel in testa – anche se credo che la sua sia anche una scelta tattica finalizzata sia aiL'euro brucia suoi interlocutori europei che mondiali. Questa volta dovranno essere molto più corti, non tanto per i mercati finanziari, ma per una miccia tutta interna alla società spagnola: essendo ben noto che il governo non è assolutamente in grado di fronteggiare la crisi bancaria, esiste il pericolo incombente di un effetto panico e di una corsa al ritiro dei depositi bancari da parte dei cittadini iberici. Il che – aggiungendosi alla fuga di capitali  in atto  da mesi – manderebbe gambe all’aria in pochi giorni il loro intero sistema bancario. Effetto panico che non resterebbe certo poi confinato all’interno della Spagna.

Dunque? Con quali misure affrontare questa terza fase?
In altre parole: quali misure potrebbero dare una svolta alla quasi inesistente struttura finanziaria europea e al tempo stesso rassicurare i tedeschi che l’inflazione resterà sotto controllo e la loro solidità finanziariaDraghi,Merkel e Barroso non sarà messa a rischio? Dalla settimana scorsa circolano diverse voci su possibili interventi della BCE: dall’abbassamento del tasso di interesse (attualmente è 1 %), alla ripresa degli acquisti di titoli di stato, ad una terza operazione di prestiti a tasso agevolato alle banche. E fin qui, in un certo senso, niente di nuovo sotto il sole e due su tre sono misure sgradite ai tedeschi. Ma cominciano a girare voci su due potenziali grosse novità:

  • accentramento della vigilanza sulle banche europee, quanto meno quelle in crisi, presso la BCE – quindi esutoramento delle Banche Centrali nazionali (che nel caso Spagna si sono certo rivelate efficienti!) In cambio la BCE diventerebbe garante dei depositi dei correntisti (in Italia sono garantiti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, cioè …… le banche stesse). Questa misura, mirata a rassicurare i cittadini titolari dei depositi e a neutralizzare l’effetto panico, sarebbe una rivoluzione perché riconoscerebbe  alla BCE – sia pure in circostanze di emergenza – il potere ufficiale di “battere moneta”.
  • la seconda notizia riguarda una proposta nata da un comitato di economisti tedeschi che prevede la costituzione di un Fondo europeo nel quale collocare la quota dei debiti pubblici nazionali che eccede il 60% del Pil, che sarebbero rifinanziati attraverso l’emissione di obbligazioni da parte di questo fondo. Che cosa dovrebbe garantire la tripla A, e quindi tassi di interesse bassi, al Fondo? I singoli paesi garantirebbero il valore del debito pubblico con beni reali (oro, immobili, aziende pubbliche), esattamente come viene chiesto ad un cittadino che deve conceder un’ipoteca alla banca che gli eroga il mutuo. Quanti sarebbero i Paesi? Si tratta di ben 12 su 17 della zona euro, infatti quelli che hanno un debito  pubblico inferiore al 60% del Pil sono solo: Estonia, Finlandia, Lussemburgo, Slovenia e Slovacchia, tutti gli altri, big compresi confluirebbero nel Fondo.

E’ evidente il salto di qualità di queste due proposte: BCE che controlla le banche e in cambio concede la garanzia sui depositi e il nuovo Fondo europeo per il rifinanziamento di una quota del debito sovrano – e la sua riduzione nel tempo – dei singoli paesi, che danno in cambio garanzie reali. Cioè una BCE che comincia veramente ad essere una Banca Centrale e un Fondo che, nella sostanza, emette Eurobond. Quello che tutto il mondo, USA in testa, ci ripetono da tempo.

Pare anche che per studiare le riforme dell’eurozona ci sia al lavoro un super-team, costituito segretamente a fine maggio, composto da: Draghi presidente BCE, Manuel Barroso presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker presidente dell’Eurogruppo e Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio Ue. Il gruppo dovrebbe presentare le sue proposte al vertice europeo previsto per il 27 giugno e le riforme attuate entro fine anno. Tempi incredibilmente brevi se pensiamo al ritmo finora avuto da Merkel & C., probabilmente impossibili da rispettare dati i risvolti politici e di consenso popolare che riforme tipo quelle soprariportate richiederebbero.Obama rimbrotta la MerkelMa già annunciarle potrebbe calmare le acque. In particolare disinnescare la bomba dei ritiri dei depositi bancari. E, per essere un tantino maligni, forse queste indiscrezioni non sono trapelate tanto casualmente.
Conclusioni.
Spero che adesso sia chiaro, oltre che condivisibile o meno, il senso del titolo: ritengo più probabile che prevarrà la volontà di salvare l’euro che non il contrario, e quindi la Spagna sarà soccorsa, seguendo la via obbligata della integrazione europea, attraverso interventi come quelli soprariportati o simili. Salvare la Spagna in questo modo non significherebbe ancora salvare l’euro, ma aver imboccato la strada giusta, quello sì.

Ciò che mi preoccupa di più in questo momento è la tempistica e la velocità di reazione, legata anche alla resistenza che le classi politiche e dirigenziali di alcuni paesi opporranno a novità che, in sostanza, sottraggono al loro controllo aree di potere nelle quali hanno finora sguazzato. Nei mesi scorsi tutti i fronti politici italiani si sono uniti al coro mondiale che ci ripete incessantemente che l’Europa non funziona perché ha solo una moneta unica, ma non vere istituzioni. Scommettiamo che alcuni partiti si scateneranno (e non solo in Italia) contro il centralismo europeo della signora Merkel? Continuiamo la navigazione ragazzi …………

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2 thoughts on “La crisi della Spagna potrebbe ………….. salvare l’euro.

  1. Ma secondo lei Prof invece di continuare questo psico-dramma di tattica e strategia (sembra una battaglia napoleonica con manovre,contromanovre,finte e vere cariche di cavalleria e connoneggiamenti a palle incatenate) su come salvare metà degli stati europei; perchè dico io, la Germania e altri stati virtuosi non mollano l’euro ad un misero destino di bad-mpney e si creano invecie una loro nuova divisa? Che so, un “nuovo marco” .
    Non sarebbe poi tanto diverso dal salvataggio dell’Alitalia. Gli altri (la bad-Europa) svaluta l’euro del 50% e tutto va a posto.
    The Provò

    • Bella e impegnativa domanda Giorgio! Che mi permette di toccare aspetti politico-sociali che non ho inserito nel post. La mia risposta, in sintesi è che lo psico-dramma che stiamo vivendo (che non ritengo ancora agonia) è ben poca cosa rispetto alla catastrofe che vivremmo se uscissimo dall’euro (sarebbe peggio di quello che sta vivendo la Grecia, che sono gli effetti “solo” di un parziale default). E che, analogamente, la Germania si guarda bene dal mollare l’euro al suo destino, perché ne avrebbero seri danni.
      L’abbandono della moneta unica causerebbe un terremoto di scala 10 nei paesi “cattivi”, ma anche una bella scala 5 ai paesi forti non gliela toglie nessuno. I paesi forti sono co-finanziatori con le loro banche del nostro debito e questi loro crediti perderebbero almeno la metà del valore; inoltre una buona fetta dell’attività delle loro fabbriche nasce dalle vendite di beni di consumo e beni industriali rivolte anche ai paesi deboli, che subirebbero un tracollo. L’affidabilità di tutti i paesi europei crollerebbe e l’interesse da pagare sui loro debiti sovrani aumenterebbe. Lo sciame sismico soprattutto, quello dei paesi deboli, avrebbe una lunga durata.
      Su scala più ridotta la connessione di fornitore-cliente che intreccia l’Europa con il Resto del Mondo, farebbe sì che anche quest’ultimo non potrebbe evitare l’impatto del l’onda d’urto europea. Insomma sarebbe una crisi più vasta di quella del 1929. Questo è l’effetto globalizzazione. L’impatto per il mondo della finanza ha due risvolti: da un lato, come ho già detto, subirebbe seri danni (cosa già in atto in Europa), ma i grandi capitali finanziari americani e inglesi (e anche altri) vedono il lato positivo di un possibile shopping a prezzi di liquidazione delle industrie e del patrimonio immobiliare europeo.
      Politicamente poi, ci sarebbe uno stravolgimento, e per certi versi ben venga, ma è possibile che nei paesi più in crisi si possa verificare una forte estremizzazione del quadro politico, con governi demagogici e populisti, pronti a cavalcare il malcontento e la sofferenza popolare.
      La domanda che mi farei a questo punto è: cosa può invece rapidamente evitare che la decadenza si trasformi in agonia (che sarebbe peraltro breve) e rendere quindi inevitabile la scomparsa dell’euro? Due eventi: 1) che si cominci veramente a costruire l’Europa (ed è il contenuto del post che stiamo commentando) e 2) che i paesi deboli si decidano a fare quello che avrebbero già dovuto fare da almeno 10 anni, cioè cominciare a gestire correttamente la loro cosa pubblica. Si tratta di due storici cambiamenti di natura politica, il primo di vertice (Merkel&C) e il secondo in mano ai cittadini elettori di Grecia, Francia, Italia, Germania e ,anche se alla lontana, degli Stati Uniti. Tutti paesi che andranno alle urne entro 15 mesi.
      Non dovremmo mai dimenticare che la grande occasione persa con l’ingresso nell’euro da parte dei paesi oggi più in difficoltà consiste nell’aver “compensato” la grande riduzione della spesa per interessi sul debito pubblico (per l’Italia si tratta di qualcosa come 80-100 miliardi l’anno) con ulteriori incessanti aumenti della spesa pubblica corrente. Oggi noi potremmo avere tranquillamente Hil nostro debito pubblico tral’80-90% del Pil! Questo è il letale “errore” commesso dalle nostre classi dirigenti, particolarmente nell’ultimo decennio. “O pesce fete da capa” dicono a Napoli. I nostri politici noi li abbiamo votati e rivotati e loro hanno costruito la loro rete di potere e corruzione. Sta a noi defenestrarli. Io non solo me lo auguro, ma penso anche che, attraverso un altro percorso tormentato ma benefico, sia possibile.
      Giorgio, mi rendo conto di aver scritto un secondo articolo, ma la domanda era troppo stimolante!

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