Il Fondo di Redenzione del Debito, la mossa UE dietro l’angolo post-elezioni?

EuroMarco, Austerità, Fiscal Compact, ora il Fondo di Redenzione? Ecco come l’Europa ci … aiuta!

Nel crescendo del dibattito elettorale europeo stanno fiorendo in rete articoli sul Fondo Europeo di Redenzione (del Debito), che non è una istituzione finanziaria con uno scopo umanitario, ma è un progetto allo studio dei vertici europei, quale possibile strumento operativo per l’attuazione finanziaria, fiscale e patrimoniale del Fiscal Compact. Ecco di cosa si tratterebbe secondo l’interpretazione “spinta” di  GIORNALE.IT

La sigla è Erf e sta per European Redemption Fund, Fondo Europeo di Redenzione. Di che si tratta? E’ l’ultima idea partorita dalle fervide menti dei consiglieri di Angela Merkel per tartassare i sudditi europei. In sostanza i tedeschi hanno proposto una sorta di pilota automatico per rispettare il Fiscal Compact, con la creazione dell’Erf, l’European Redemption Fund. Si tratterebbe di costituire un Fondo a livello europeo, dove far confluire l’importo dei vari debiti pubblici degli Stati dell’Eurozona per la parte eccedente il 60% del PIL. L’Erf verrebbe garantito dagli Stati membri attraverso i loro asset pubblici patrimoniali, riserve auree e da almeno una percentuale della fiscalità riscossa a livello nazionale, Iva compresa.

Questo Fondo emetterebbe bond europei caratterizzati da una rigorosa scadenza di 20, al massimo 25 anni. In questo lasso di tempo, tutti gli Stati aderenti avrebbero, inoltre, l’obbligo di assettare il proprio rapporto debito/PIL al 60%“Il Fondo  – spiega a Giornale.it il professor  Antonio Maria Rinaldi, docente di Finanza Aziendale all’università di Pescara – si comporterebbe, tanto per essere concreti, come un curatore fallimentare. Che tutela gli interessi del creditore, non certo quelli del debitore. A livello tecnico, i cosiddetti esperti hanno fatto la proposta. Dopo le elezioni europee, ci sarà il vaglio politico. E se il 25 maggio le cose dovessero andare in una certa maniera, ci troveremmo di fronte alla massima abdicazione della sovranità monetaria di ogni Paese”.

Ridurre il nostro debito, giusto, chi può non essere d’accordo! Peccato che con il Fiscal Compact l’Italia avrebbe bisogno, nei prossimi 20 anni, di un tasso di crescita dell’economia del 4% nominale (inteso come effetto combinato di crescita reale, ad es. +2%, e di aumento prezzi, es. un altro 2%) all’anno in simultanea presenza di pareggio di bilancio (se il deficit restasse al -3%, ci vorrebbe invece una ridicola crescita Pil del 8%!!) per generare l’aumento delle entrate tributarie necessario per arrivare al fatidico 60% nel rapporto debito/Pil occorrerebbero comunque 19 anni!

In assenza di questo doppio evento miracoloso, l’aumento delle entrate dello Stato dovrebbe essere spremuto dai soliti noti, con la ripetizione su scala più ampia del circuito perverso generato dalla austerità teutonica imposta via BCE. Questa meravigliosa ricetta economica (in realtà è uno strumento politico di potere) che doveva risanare i conti pubblici, ha ottenuto esattamente l’effetto opposto: il debito è aumentato di oltre 400 miliardi tra il 2008 e il 2013 (ha raggiunto i 2068 miliardi) mentre nello stesso periodo il Pil in termini reali è sceso del 9% (il nominale è rimasto intorno ai 1560 miliardi). Il rapporto debito/Pil è passato quindi dal 119% al 132,6% (ed è atteso al 134,5% quest’anno!!), senza contare gli “effetti collaterali” di un milione di disoccupati in più (2013 su 2008), dei suicidi e dei drammi sociali.
I maialini e l'austeritàQual’è la spiegazione economica di una tale debacle? L’austerità fa perno sull’aumento delle imposte, il che deprime la domanda interna (i consumi), di conseguenza il Pil cala e le entrate tributarie ne risentono, ovvero aumentano sì (siamo 43,8% del Pil nel 2013), ma non quanto atteso. Infine, sul lato delle uscite la recessione fa aumentare la spesa per finanziare gli ammortizzatori sociali (23 miliardi nel 2012, con tendenza in aumento), con il risultato complessivo che il deficit non scende sotto il 3% andando a gonfiare ulteriormente il debito. Non voglio qui nascondere il problema della incapacità e disonestà della nostra classe dirigente, ma l’Europa con la controproducente austerità non ci aiuta bensì aggrava i nostri problemi.
Tre brevi annotazioni: 1) la recessione da domanda è ben peggiore di quanto appaia, perché la classe media sta contenendo il calo dei suoi consumi ricorrendo ai risparmi accumulati nei decenni scorsi. E su questo la Bundesbank conta molto e lo dice anche esplicitamente 2) lo sviluppo delle nostre esportazioni a parziale compensazione del calo della domanda interna è a sua volta penalizzato dall’euro, moneta che non rappresenta affatto lo stato di salute e i fondamentali della nostra economia. Insomma Austerità (insieme al suo fratello maggiore Fiscal Compact) ed Euro-Marco vanno a braccetto 3) un altro fattore che ha accentuato l’entità della nostra recessione, al di là dell’austerità, è quello che ci regala la finanza con la restrizione del credito (credit crunch) e gli elevati tassi di interesse, ma questo è un altro tema. 

Il bastone e la carota.
La carota con il bastoneMi sono dilungato sugli effetti perversi dell’austerità perché il Fiscal Compact (che non è stato sottoscritto da Regno Unito e Repubblica Ceca) ne è la prosecuzione economica ed il rafforzamento nei suoi termini quantitativi e “qualitativi”. Ma per fortuna (sic!) siamo in buona compagnia, quella della maggior parte degli altri paesi europei (Francia in primis) che si vedrebbe stroncata la striminzita ripresa che fa capolino. Io credo perciò che l’operazione Fiscal Compact non andrà in porto integralmente, ma sarà edulcorata e diluita, ovvero bastone e carota. A maggior ragione mi sembra ancora più improbabile che venga costituito il Fondo di Redenzione, che a causa del trasferimento di sovranità (tasse e riserve in oro) ipotizzato, richiede anche modifiche nei trattati europei. O sono per caso un povero ingenuo?

Per chi vuole approfondire.
Come dicevo all’inizio, nel Web si parla diffusamente del Fondo di Redenzione, molto di più di quanto accada invece in televisione e sui giornali, i quali, in nome di un europeismo opportunistico ed insulso, non aiutano certo gli italiani a migliorare l’Europa ma a consolidare lo status quo profondamente squilibrato e non propriamente democratico. A chi volesse approfondire l’argomento del Fiscal Compact e del Fondo di Redenzione propongo queste letture: 1) un ampio articolo di Mauro Bottarelli su Il Sussidiario.net 2) un articolo serio ed analitico di Gustavo Piga su Formiche.net 3) un articolo de Il Sole24ORE che ci ricorda che il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio sono un’operazione di cui noi italiani dovremmo ringraziare Berlusconi-Tremonti, Monti e il PD 4) questa ampia raccolta di articoli su Liquida.it 5) Il fondo di redenzione dei peccatori over 60% è stata proposto dalla Commissione Europea, ma originariamente partorito nel novembre del 2011 da un consiglio di 5 saggi consulenti del governo Merkel. L’idea piacque molto di più al Partito Socialdemocratico tedesco che non alla Cancelliera (Il Fatto Quotidiano) e ancor meno alla Bundesbank (leggi qui e qui). Sono passati quasi 3 anni, chissà se i calcoli di convenienza di Angela e Weidemann sono cambiati!
P.S.
 Sembra che la Commissione UE (in onore del detto popolare “legare l’asino dove vuole il padrone”?) ci stia ripensando. 

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4 thoughts on “Il Fondo di Redenzione del Debito, la mossa UE dietro l’angolo post-elezioni?

  1. Probabilmente la baracca salterà per aria prima di qualsiasi altra mossa rilevante (il tempo a disposizione non è infinito, prima o poi finisce anch’esso).

    E dire che sarebbe stato sufficiente ricordare il destino degli altri analoghi esperimenti di tassi di cambio bloccati già falliti nel continente: il serpente monetario, collassato negli anni ’70, e lo Sme, fallito nei ’90. Due volte provammo, due volte fallimmo. Ci riproviamo la terza volta, e non serve illudersi: falliremo una terza volta, avendo commesso identici errori.

    Ho una speranza, non una sicurezza ma almeno una speranza: che non lo torniamo a fare una quarta volta. Giunti fin qui, bisognerebbe sperare almeno questo.

    • E prima ancora dei tentativi europei era saltato nel 1971 il gold exchange standard di Bretton Woods. Le unioni monetarie senza quella fiscale (trasferimenti dalle zone ricche a quelle economicamente più deboli) non possono stare in piedi, con il tempo creano squilibri e tensioni. Se c’è anche l’unione fiscale allora nasce una nazione, come la storia di lira, dollaro e marco attestano.
      La Germania è la prima a saperlo perché, dalla riunificazione del 1989, una quota consistente delle tasse che i tedeschi dell’Ovest versano prendono la strada dell’Est. E i vantaggi economici che l’euro (che quei fessi di francesi hanno messo su un piatto d’argento ai loro vicini) apporta alla Germania sono serviti e servono anche a ridurre il carico fiscale dell’Ovest a favore dell’ex RDT. E figuriamoci se i contribuenti teutonici sono disponibili ad allargare questo concetto ad una vera Europa-comunità!
      Fausto, sono più pessimista di te sui tempi della fine dell’euro, potrebbe esserci anche una fase più o meno seria di sdoppiamento, ma fare previsioni in materia è troppo azzardato. Oltre al quando, sarà poi fondamentale il come finirà e con quale classe dirigente affronteremo la nuova fase, e questa è una scommessa tutta nostra.
      Buone feste di Pasqua

  2. caro amico prof….sai cosa ti dico ? non capisco più nulla ….so nuotare per pertanto spero di rimanere a galla ma ” a l’è dura ” !

    • Cara Neiva, spero di non contribuire al tuo disorientamento, e ti confesso che ogni tanto mi auguro di rileggere i miei post tra un po’ di anni e darmi dello sciocco pessimista o del presuntuoso perché non avevo capito nulla. Intanto penso che i tempi di questo tormentone siano ancora molto lunghi (anche questa mia opinione resta agli atti) e quindi buone nuotate! Alla faccia dei problemi, auguri di buona Pasqua a tutti voi!

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