Questa volta usciamo dal nostro ambito italo-europeo.
Stati Uniti, Europa e Giappone formavano, nella seconda metà del secolo scorso, il fulcro dei paesi industrializzati, abitato da circa il 15% della popolazione mondiale. Sul piano puramente economico, quella fase storica è stata caratterizzata, oltre che dalla crescita dell’economia reale e del tenore di vita di quella fetta di mondo, da altri due elementi che sono stati decisivi per avviare il nuovo ciclo storico che stiamo vivendo: 1) lo sviluppo del mondo della finanza, che ha gradualmente assunto una sua autonomia e una dimensione transnazionale e 2) la graduale liberalizzazione del commercio mondiale delle materie prime, della merci e dei capitali.
Il successivo ciclo storico*, avviatosi nell’ultimo decennio del secolo scorso, ha visto il decollo industriale di un nuovo aggregato di paesi ex-sottosviluppati – dove vive circa il 50% degli abitanti del pianeta – e il loro ingresso nell’agone del commercio mondiale, con conseguente contraccolpo economico e sociale nelle aree già sviluppate. Le quali sono quindi entrate in una fase di declino nel corso della quale devono inevitabilmente “ristrutturarsi”.
La problematica economica specifica del Giappone, la ex tigre asiatica degli anni ’70 e ’80, è ben illustrata – a mio parere con un eccesso di pessimismo – dai due post che riproduco di seguito, entrambi tratti dal sito Rischio Calcolato.
Quando Esploderà il Giappone?
Di FunnyKing – Martedì 30 Ottobre 2012 08:31
L’economia giapponese è una specie di bomba a tempo termonucleare, sappiamo che esploderà, sappiamo che trascinerà nella distruzione una gran parte del sistema finanziario mondiale, ma non abbiamo la minima idea di quando accadrà. Cerchiamo di ricapitolare alcuni fatti che riguardano il Giappone:
Fatto 1: Il Debito Pubblico. Il Giappone ha un rapporto Debito/Pil che a fine 2012 sarà di circa il 235%, ovvero per ogni Yen di prodotto interno lordo ci sono 2,3 Yen di debito pubblico.
Fatto 2: Il Debito Totale (dati al primo semestre 2011)
Il Giappone ha un rapporto fra debito totale (pubblico+privato) e il suo pil del 512% (a metà 2011, a fine 2012 dovremmo essere al 525%), ovvero per ogni Yen di PIL prodotto all’anno esistono 5,12 Yen di debito.
Fatto 3: Il saldo primario del Giappone, ovvero il deficit pubblico del Giappone esclusa la spesa per interessi (dato al primo trimestre 2011)
Siamo all’8% sul Pil, ovvero il Giappone nel 2011 (e anche nel 2012) ha aumentato il debito pubblico dell’8% senza contare le spese per interessi (si arriva a circa il 9%).
Fatto 4: Gli interessi che il Giappone paga sul suo debito in rapporto a quanto riesce a prendere dalle tasse. Siamo al 20% (nel 2010, ad oggi il rapporto non è cambiato).
Domanda delle 100 pistole: come fa il Giappone a sopravvivere in queste condizioni? La risposta è semplice ma genera una seconda domanda: La banca centrale del Giappone, ha sempre “stampato” abbastanza YEN per comprare tutto il debito necessario, e il debito giapponese al 95% si trova in Giappone..
Seconda domanda: come mai lo YEN non ha subito una iperinflazione, ovvero come fanno i giapponesi ad assorbire la gran parte della massa di YEN stampati dalla banca centrale. La risposta anche qui è semplice: attraverso lo storico e gigantesco surplus commerciale giapponese, per tradizione il Giappone esporta molto più di quanto importa. La ricchezza che ne scaturisce si trasforma in risparmio delle famiglie, il risparmio in un enorme quantità di debito pubblico che giace nei fondi pensione e nei portafogli titoli dei cittadini giapponesi.
MA………………la festa è finita
Vi presentiamo la bilancia commerciale del Giappone in versione 2012:
Piccolo problema: se il Giappone non riesce più ad arricchire le famiglie esportando più di quanto importa, anzi se le famiglie giapponesi tenderanno ad impoverirsi dovranno VENDERE una parete del loro patrimonio…. quindi una parte del debito pubblico e comunque non saranno più in grado di assorbirne di nuovo.
CONSEGUENZA FINALE: la massa di YEN messa in circolo dalla banca centrale del Giappone, o troverà un improbabile sfogo all’estero (come per il dollaro USA) o lo YEN è destinato ad implodere, e l’economia giapponese a collassare.
Parliamo di trimestri non di anni.
Questo post ha il pregio di focalizzarsi e di ben documentare 2 aspetti cruciali per l’equilibrio di qualsiasi paese
- L’indicatore del grado di salute della macchina pubblica, ovvero l’accumulo di debito generato dal dopoguerra in poi che nel caso giapponese sembrerebbe fare accendere una spia rossa, dato il suo stratosferico valore. Ma …… dato che i creditori sono i giapponesi stessi (famiglie e istituzioni finanziarie) che si accontentano di rendimenti inferiori al 1% (‘inflazione media degli ultimi 10 anni 0,013%), la situazione da decenni resta “sotto controllo”. Anche perché la Banca centrale giapponese, come vedremo con il secondo post, è in sintonia con le politiche governative.
- L’altro indicatore, quello delle ragioni di scambio import-export con il mondo, segnala invece un allarme più serio che non è dovuto però ad un indebolimento della macchina produttiva giapponese ma all’improvviso raddoppio (e più) delle importazioni di petrolio per lo spegnimento delle centrali nucleari dopo il disastro di Fukushima del marzo 2011. Quindi anche in questo caso la luce non è rossa, ma gialla.
L’articolo illustra poi bene come il deficit/debito pubblico e il deficit commerciale possono interagire e diventare esplosivi.
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Questo secondo post di Rischio Calcolato del 23 settembre scorso è la continuazione e l’aggiornamento del precedente perché spiega come il governo giapponese cerca di reagire e di far rientrare l’allarme.
Speciale Giappone: La cura ABE continua pervicacemenete a NON funzionare, bilancia commerciale sempre in profondo Rosso
L’altro ieri sono usciti i dati di agosto sull’Import, L’Export e la Bilancia Commerciale Giapponese. (link)
Non esattamente un successo per l’Abenomics, per ora (il “per ora” comincia a puzzare siamo a 10 mesi dall’inizio della “svalutazione competitiva”) la cura dal lato della bilancia commerciale non funziona, anzi il deficit della bilancia commerciale giapponese ha fatto segnare il peggior agosto da decenni.
Parte del problema è dovuto alla bolletta energetica esplosa a causa di due fattori:
- La chiusura dell’intero sistema di generazione di energia elettrica da fonte nucleare dopo il disastro di Fukushima
- La svalutazione dello Yen sul Dollaro
Poi c’è una terza questione, anche il Giappone in questi anni ha grandemente delocalizzato parte delle produzioni in Cina e in altri paesi, specie semilavorati che rientrano nel paese al momento dell’assemblaggio finale dei prodotti Made in Japan. Invertire questa tendenza con una svalutazione ,ammesso che sia possibile richiede comunque molti anni.
Di fatto oggi risulta impossibile per il Giappone aumentare l’Export di prodotti senza aumentare più che proporzionalmente l’Import, una situazione complicatissima e una sfida per la sostenibilità del debito giapponese.
Si noti l’ottimo aumento dell’Export e il più che proporzionale aumento dell’Import, i giapponesi sono una popolazione dalla età media fra le più alte al mondo, poco propensi a modificare le proprie abitudini per quello che riguarda i consumi. Ad oggi l’unica opzione per un miglioramento immediato della bilancia commerciale è necessariamente la riaccensione delle centrali nucleari.
In sostanza il governo e la Banca centrale giapponese hanno deciso di creare moneta, con l’obiettivo di svalutare lo Yen (dal 1°gennaio di quest’anno -14% rispetto al dollaro e – 16% rispetto all’euro) e quindi di riequilibrare la bilancia commerciale, ma senza fare aumentare eccessivamente inflazione (max 2%) e tassi di interesse, pena l’insostenibilità del debito pubblico. Vedremo se e in quanto tempo ci riuscirà. Di certo possiamo dire che al paese del Sol Levante non manca una guida politica solida e con le idee chiare (quanto giuste lo dirà la storia) ed una Banca Centrale in sintonia con il governo (proprio un altro mondo rispetto alla commedia europea). Già, la classe dirigente può fare la differenza, nel bene e nel male, nel modo in cui un paese sviluppato (del secolo scorso) si riposizionerà alla fine dell’attuale ciclo storico mondiale….
*Il ciclo attuale non rappresenta una frattura rispetto a quello precedente, ma ne è lo sviluppo, il suo salto di qualità. Il cosiddetto miracolo cinese è il risultato del matrimonio tra l’oligarchia di potere cinese e il capitale industriale e finanziario occidentale: la svolta avvenne con la legge Foreign Industrial Investment Guidance Catalogue del 1995 (e successive revisioni) che consentì alle multinazionali straniere di effettuare investimenti controllati con maggioranza assoluta o al 100%. E così la Cina diventò la fabbrica del mondo. La contropartita fu l’ingresso anticipato della Cina nella Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nel 2001.
e bravo prof………..per fortuna non ho investito in titoli giapponesi ! anche perchè il tesoretto in questi anni è dimunuito a seguito di prelievi per PAGARE !!!!!! ciao
Neiva, sei in buona (cattiva?) compagnia, molti italiani stanno facendo ricorso al tesoretto, che è il principale ammortizzatore che maschera la vera dimensione della crisi. D’altra parte quando Berlusconi sbandierava ottimismo (“la crisi non c’è, gli italiani sono ricchi”), la Merkel rispondeva “allora non chiedeteci aiuti, fate ricorso alla vostra ricchezza”. Presi per il sedere due volte!
Ciao e buon fine settimana