Da cosa dipende il nostro Futuro/2-Lo Scenario Geopolitico secondo Pelanda

Per questo secondo post della serie sullo scenario del Futuro avevo previsto il tema delle diseguaglianze economiche. Con una variante di programma saltiamo invece dall’economia alla geo-politica, affrontando l’argomento dei rapporti di forza per la leadership mondiale.
Dalla fine della II Guerra Mondiale lo scenario geopolitico ha già attraversato due diverse fasi e sta vivendo oggi la terza: la prima – durata una quarantina d’anni – ha visto il confronto tra il blocco USA (e alleati, tra cui Europa e Giappone) e l’Unione Sovietica, la cosiddetta Guerra Fredda tra le due potenze atomiche, che – a dispetto della denominazione – ha attraversato fasi molto calde (Baia dei Porci e crisi di Cuba, ricordate?), fortunatamente senza la temuta catastrofe, di cui rimbombavano giornali e televisioni.


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Caduta l’URSS (Muro di Berlino, 1989) c’è stata una più breve seconda fase di transizione di circa 15 anni, nella quale non si intravvedevano rivali degni di questo nome per l’America, che ha continuato a mostrare i muscoli militari, ma entrando in una fase di declino economico. Ma proprio in quel periodo la crescita economica di quasi tutto il mondo in via di sviluppo, in particolare della Cina – per la quale sono stati decisivi la finanza, gli investimenti, la tecnologia e i mercati di sbocco americani e occidentali – ha creato appunto la nuova terza fase che stiamo vivendo. Per la verità nella fase 2 è comparso prepotentemente anche l’estremismo/terrorismo islamico, un nuovo attore geopolitico atipico perché non trae la sua forza da una economia in senso tradizionale (ma dal petrolio sì) e non ha una patria unica, ma è trasversale a diverse comunità del mondo arabo, all’interno delle quali sta portando avanti una guerra “civile” per l’affermazione del nuovo Califfato.

Per entrare nel vivo della attuale fase 3 vi propongo il punto di vista espresso dal politologo Carlo Pelanda in un post pubblicato sulla versione online di Libero. Trattandosi di scenari di lungo termine, anche se è stato scritto a fine dicembre 2014, resta di estrema attualità e ringrazio l’amico Stefano che me lo ha segnalato.

Per salvare l’Italia dall’euro diventiamo uno Stato Usa

Il sistema mondiale, dopo la fine della Pax Americana (1944 – 2008) si sta frammentando in blocchi regionali, ciascuno con la strategia di creare una sfera di influenza organizzata come area economica centrata sulla nazione aggregante. Il fare impero travestendolo da mercato regionale dipende dall’analisi del perché gli imperi del passato sono implosi: troppi costi economici e di dissenso.

La nuova formula permette alla nazione aggregante sia di evitare tali costi sia di ottenere un megaprofitto da signoraggio geoeconomico, per esempio la Germania dopo l’aggregazione dell’Eurozona. L’America sta tentando di integrare le democrazie sia asiatiche (negoziato TTP) sia atlantiche (negoziato TTIP) in un unico mercato con al centro l’America stessa ed il dollaro. L’opzione di riserva o ancillare è quella di controllare l’America meridionale, vero motivo della recente apertura verso Cuba per rafforzare il nucleo della sua sfera di influenza che include le democrazie anglofone del Commonwealth. La Cina sta costruendo un’ampia area di influenza (Greater China) perseguendo due strategie: (a) formazione di un mercato integrato sino centrico comprendente le nazioni asiatiche geograficamente prossime; (b) penetrazione economica in tutto il resto del mondo per scopi di condizionamento geopolitico. La prima azione è molto contrastata da Giappone, Vietnam, Filippine, ecc., nonché da un’azione strategica statunitense di contenimento sistemico, pur “leggero”, dell’espansione cinese.

La seconda non ha finora trovato contrasti importanti in Africa e, soprattutto, nell’Europa in crisi alla caccia di capitali. Ma li sta per trovare in America latina dove la penetrazione cinese è in frizione diretta con l’espansione statunitense. La Russia sta tentando di riorganizzare le nazioni ex-sovietiche rimaste nella Csi in un’area di mercato integrato, ma è il blocco regionale più a rischio di implosione per sua debolezza. Tale nuovo gioco multiplo, alla fine, verrà semplificato come competizione tra due potenze principali, America e Cina, che conquisteranno le altre: Russia, Europa, Indonesia, Giappone. Per gli attori principali ora è utile tenere aperto il mercato globale. Ma l’architettura geopolitica in formazione predispone il sistema a chiudersi in mercati regionali alla prima crisi. Inoltre, l’export sta diventando sempre più politico. Il punto: per l’Italia, potenza esportatrice, conviene essere parte di un mercato globale delle democrazie oppure di un’Europa neutrale che spera così di commerciare con tutti o di un’Eurasia con Russia e Cina guidata da Pechino? La Germania mostra al momento una posizione confusa, ma tende al neutralismo. La Francia punta ad un’Eurasia dove poter mantenere una posizione di privilegio e tenta un convergenza con la Russia sia per sostituire Berlino sia per mostrare a Pechino che in una possibile alleanza euroasiatica Parigi conterà. Londra è assente, Roma ferma.

In questa situazione è probabile che l’Europa divisa e, per questo passiva, sarà terreno di scontro tra gli imperi americano e cinese in formazione, la Russia già quasi conquistata da Pechino per errori sia dell’America sia di Putin. Vi aggiornerò sullo scenario in sviluppo, ma devo subito avvertire che per l’interesse nazionale italiano il massimo vantaggio è già ben chiaro nelle simulazioni che combinano sicurezza, business e stabilità finanziaria: (a) formazione di un mercato euroamericano a sua volta parte di un mercato globale delle democrazie; (b) mediazione tra America e Russia per non lasciare la seconda, cliente primario per l’Italia, nelle mani di Pechino (qui il Vaticano dovrà aiutare con la Chiesa ortodossa come sembra aver già iniziato).
Realismo? Senza l’Europa l’America, anche se le riuscisse il dominio dell’America latina, sarà sconfitta dalla Cina e ciò rende rilevante l’Europa stessa agli occhi dei due competitori. E se non fosse possibile portare la Ue verso tale scenario nonché renderla sufficientemente compatta per negoziare alla pari con la tipicamente etncentrica diplomazia statunitense? Penso che Roma dovrà agganciarsi, probabilmente con Londra e Madrid, all’America, cercando autonomia e rilevanza offrendo in cambio una missione di presidio proconsolare del Mediterraneo, opzione utile anche per predisporre il passaggio al dollaro nel caso non escludibile che l’euro imploda.
Ma utile anche per segnalare a Francia e Germania, per dissuaderle, che l’Italia non le seguirà nel caso scegliessero l’Oriente o il neutralismo.

di Carlo Pelanda (grassetto del Prof)                Post originale di Libero               

Non è un trattato di geopolitica è solo un breve post e quindi incompleto e criticabile, io l’ho trovato comunque stimolante e anche i lettori di Libero, a giudicare dai commenti. Limitandomi alle faccende di casa nostra (l’Europa) esprimo questi commenti.

Alla fine della II guerra mondiale l’Europa era sotto tutela degli USA, dal punto di vista economico (piano marshall), militare e politico. I punti più delicati erano la Germania Ovest, con l’Armata Rossa a Berlino, e l’Italia, con il più forte Partito Comunista d’Europa  e la Jugoslavia comunista di Tito alle frontiere di Trieste.

Quarant’anni dopo, il pericolo comunista era venuto meno, la Russia avviata su una sua integrazione nei mercati internazionali delle materie prime e in quelli valutari e finanziari: a quel punto all’America un ‘Europa a trazione tedesca poteva andare benissimo, consentendole di concentrare l’attenzione sull’Oriente, senza rischiare di perdere l’alleata Europa, che restava comunque sotto il controllo militare NATO/USA. Infatti l’unico paese europeo che dispone ancora oggi di armi atomiche è la Francia, assicurazione privata transalpina contro il secolare pericolo del vicino tedesco.

Il salto di qualità della sonnecchiante Europa da Mercato Comune a (fasulla) Unione Europea con il Trattato di Maastricht avvenuto nel 1992 (3 anni dopo la caduta del Muro di Berlino …..), che ha posto le basi per la colonizzazione economica dell’Europa da parte della Germania, ha sicuramente avuto il bene-placet degli USA. L’Italia, punto cardine della politica americana europea del dopoguerra, è stata buttata a …. mare dall’America, non serviva più, Tito e l’URSS erano morti, Togliatti e Berlinguer pure e i suoi eredi erano ormai da tempo ( Napolitano in testa) in piena sintonia con l’America.

La Germania poteva quindi permettersi di colonizzare e comandare l’Europa occidentale e anche qualche paese dell’Est, ma non poteva e non può spingersi oltre: un’alleanza tra la forza industriale del vecchio continente e l’energia degli oligarchi russi non è contemplata dagli USA, va oltre la delega americana concessa alla Germania. Obama deve averlo ribadito alla Merkel (che deve ancora digerire lo spionaggio telefonico del suo cellulare) chiamata a rapporto recentemente a Washington per discutere della fase caldissima della crisi ucraina, nella quale il presidente USA ritiene di avere il diritto all’ultima parola.

Per concludere ci possiamo ora ricollegare a Pelanda e al suo “Italia Stato USA”, che come abbiamo visto sarebbe, sia pure in un contesto storico diverso, un revival. E’ possibile? Sì. E’ probabile? No, perché il presupposto – come dice lo stesso Pelanda – è non solo la spaccatura dell’Unione Europea (insieme all’Euro), ma che addirittura la Germania e la Francia si rivolgano ad Oriente (Russia e Cina). Già la vedo molto problematica dal punto di vista economico, se poi pensiamo al lato militare ed anche a quello culturale, beh non ci scommetterei proprio.

Anche se ha perso la supremazia economica, il dollaro come moneta di riserva mondiale, la finanza e la forza militare danno e daranno all’America la leadership mondiale, dovrà inevitabilmente condividerla con la Cina (e forse l’India) con Russia, Europa, Giappone in posizioni di alleati di uno dei due fronti. Il mondo arabo, l’estremismo islamico e Israele le incognite di questo scenario.

Certo che se, invece, re dollaro dovesse perdere lo scettro, la sola forza militare non basterebbe agli USA e anzi potrebbe indurli a qualche errore drammatico e fatale. Ma qui mi sto forse inoltrando nella successiva e lontana fase della lotta geopolitica e lo sguardo mi si annebbia. Restiamo sintonizzati su quella attuale.

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A proposito di guerra valutaria, questa foto è stata scattata da Simon Black – consulente finanziario e titolare del blog Sovereign Man – all’aeroporto di Bangkok. Il cartellone pubblicitario della Bank of China dice:“RMB (renminbi,la moneta cinese): Nuova Scelta; la Valuta Mondiale”.

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