L’autointervista, un modo per semplificare temi complessi.
Parte IV: l’EuroZona e la Recessione Mondiale 2008-2010
D: “Prof procediamo allora con la nostra conversazione ed entriamo nel periodo caldo, quello che ci porta ai giorni nostri.“
R: “Per arrivare ai giorni nostri dobbiamo percorrere due tappe diverse: la prima è costituita dal mini ciclo triennale 2008-2010, quello della Recessione Mondiale, la seconda va dal 2011 al 2014, gli anni della Recessione Europea.”
D: “Cominciamo allora con il mini ciclo, quali sono i dati e la loro interpretazione?“
R: “OK, vice Prof. Tutto avviene rapidamente: il Pil mondiale nel 2008, anno dell”improvviso” affiorare della bolla finanziaria, frena violentemente con +3% dopo un rovente 2007 che aveva segnato +5,7%. Il 2009 è l’anno della crisi con la crescita mondiale che, per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, si azzera (!). Nel terzo ed ultimo anno del mini ciclo (2010) tutto sembra già superato e l’economia mondiale riparte con un + 5,4%. Il dato cumulativo del triennio della Recessione Mondiale è +8,4% (+16,2% nel triennio precedente)”
D: “Questi dati del Pil mondiale sottintendono che anche la Cina ha subito i contraccolpi della bolla finanziaria americano-europea?“
R: “Certamente, non poteva essere diversamente dato il fittissimo intreccio import-export della Cina con il mondo sviluppato. Naturalmente se la tendenza è stata la stessa, le cifre sono ben altre, ma rappresentano comunque un passaggio strutturale dell’economia cinese che vale la pena di sottolineare: il rallentamento del 2008 significa per il Celeste Impero un +9,6% del Pil (rispetto al +14,2% del 2007!), il punto minimo del 2009 si colloca a +9,2%, mentre l’anno di uscita dal mini-ciclo segna un +10,4%. Per la cronaca il 2010 è l’ultimo anno in cui la Cina ha superato il 10%, da allora si è assestata sul +7,5%.”
D: “Questa è la sintesi mondiale. Ma come sono andate le principali economie avanzate, in particolare l’EuroZona oggetto della nostra conversazione?“
R: “Nel mondo occidentale gli USA, che teoricamente dovevano risentirne di più, se la sono invece cavata con un -0,5% cumulato nel triennio (-0,3/-2,8/+2,5). In questa classifica dei “meno peggio” segue il Giappone – relativamente lontano dall’epicentro americano/europeo del terremoto finanziario – con un calo triennale del -1,9% (-1/-5,5/+4,7). L’EuroZona segue con un -2,1% complessivo (+0,4/-4,5/+2,0), chi arretra di più è il Regno Unito, che risente dell’importanza preminente della finanza nella sua economia, con una riduzione totale del Pil nel 2008-2010 pari a -4,3% (-0,8/-5,2/+1,7).”
D: “Quindi i due estremi sono USA (-0,5%) e UK (-4,3%). Sorge spontanea la domanda: quali sono i motivi di questa maggiore capacità di assorbimento degli USA, nonostante la crisi sia nata proprio lì?“
R: “La risposta da bar, ma veritiera, è: hanno reagito meglio e prima dell’Eurozona che, proprio in quegli anni, ha fatto scattare l’Austerità. La risposta più articolata la vediamo dopo, dobbiamo prima completare il quadro quantitativo con i dati interni all’EZ che sono particolarmente importanti perché ci fanno intravedere una svolta decisiva: nel corso della Grande Recessione 2008-2010 la Germania, dopo un pluriennale periodo di preparazione, “esce allo scoperto” e si afferma come leader economico e finanziario della UE (lo diventerà presto anche dal punto di vista politico).”
D: “Ma non lo era già?“
R: “Niente affatto! Fino al 1999 (l’anno di nascita di CambioFissoEuro) la Germania ha condiviso con la Francia la leadership economica in Europa, da intendersi non solo come sviluppo del Pil, ma anche come surplus/deficit della bilancia commerciale, come entità del deficit/debito pubblico, come tasso di disoccupazione e come forza della propria moneta, i 5 principali indicatori che servono per definire lo stato di salute sotto l’aspetto economico-finanziario di un paese. Ho studiato l’archivio dati del Fondo Monetario Internazionale e potrei qui sciorinare un fiume di dati, fai un atto di fede. Ma c’è di più: la crescita economica della Germania stentava anche dopo l’avvio della moneta unica: nei 7 anni tra il 1999 e il 2005 il suo Pil aveva accumulato nei confronti della Francia un ritardo di 7,7 punti percentuali, per non parlare dei 18,2 punti nei confronti della Spagna. In sostanza la Germania era il fanalino di coda perché anche noi in quel periodo crescemmo un pelino in più (2,1 punti) dei tedeschi!”
D: “Sembra impossibile, l’Italia che cresceva più della Germania, come corre veloce la storia! Ma come si spiegano questi deludenti risultati della Germania?“
R: “Posso citare due fattori. Il Primo è il peso della riunificazione del 1989, che non ha influito solo negli anni ’90 ma ha creato (anche per il modo in cui è avvenuta l”annessione” della ex RDT) un vero e proprio Mezzogiorno teutonico che richiede in modo ormai permanente finanziamenti per decine di miliardi ogni anno da parte dell’Ovest. Il secondo fattore che ha inciso negativamente, ma solo temporaneamente perché sarebbe diventato invece un fattore economico positivo, sono state le “riforme strutturali“ attuate nel 2000-2005 che facevano perno sul mercato del lavoro per ridurne il costo, imponendo di fatto un regime di austerità e di riduzione della domanda interna. Ma questo calo – questo era l’obiettivo – sarebbe stata più che compensata dall’aumento della domanda estera (esportazioni) grazie all’aumento della competitività del mondo produttivo tedesco. Il momento per porre in atto questa strategia era quello giusto, perché la Germania era in quegli anni l’unico paese in “cura dimagrante”, mentre, come abbiamo già visto, la domanda interna del resto dell’economia europea andava benino, aiutata anche dall’abbondanza di finanziamenti bancari che affluivano dalla stessa Germania e da altri paesi del Centro-Europa verso quelli del Sud Europa.”
D: “Insomma secondo te la Germania si preparava ad incentrare la sua crescita sulle esportazioni, che avrebbe anche finanziato con il suo sistema bancario, concedendo abbondanti crediti (debiti per chi lo riceve) ai paesi del Sud Europa.“
R: “Intendiamoci, non credo che qualcuno si sia svegliato un giorno a Berlino ed abbia studiato a tavolino questa strategia, ma la sostanza è proprio quella. Diciamo che la classe dirigente tedesca ha saputo leggere ed indirizzare a favore del proprio paese gli avvenimenti in corso: ad esempio senza il flusso migratorio dalla ex-RDT nella Germania Ovest la politica di riduzione del costo del lavoro non avrebbe avuto successo. E visto che abbiamo parlato della strategia bancaria tedesca, devo qui inserire un importantissimo (per gli avvenimenti futuri) tassello: le banche teutoniche, e anche quelle francesi, hanno finanziato oltre al debito privato italiano, spagnolo, ecc. anche quello pubblico, con abbondanti acquisti di Btp, Bonos ecc. Pur esistendo già da tempo la libera circolazione dei capitali nella UE, fino al 1999 tutto ciò era avvenuto solo in misura minima. Le cose sono cambiate con l’avvento dell’euro che ha azzerato la spada di Damocle della svalutazione degli investimenti bancari nei paesi del Sud.”
D: “E l’invasione commerciale tedesca ha avuto successo, dato che il suo surplus commerciale batte da tempo anche quello della Cina.“
R: “Sì, l’avanzata comincia già nel 2004 durante il quale la bilancia commerciale tedesca (differenza tra export e import) balza al 4,6% del Pil (valore che non raggiungeva dal 1989, appunto) per assestarsi poi tra il 6 e il 7% attuale! Ciò dà la spinta decisiva a tutta l’economia con un Pil 2006 a +3,9%, seguito da + 3,4% nel 2007 e la Germania è così pronta ad affrontare e superare meglio degli altri paesi europei l’imminente shock.
Non è un caso se la velocità di uscita (nel 2010) del suo Pil dalla Grande Recessione è stata del +3,4%, contro il +2% per la Francia, +1,7% per l’Italia, -0,2%per la Spagna e +2% per l’EZ nel suo complesso. E dal 2010 al 2014 la Germania non ha più lasciato il primo posto in classifica, anche perché proprio nel triennio della Grande Recessione ha imposto l’austerità a tutti gli altri paesi. Ma tutto ciò non significa che la Germania sia esente da difficoltà o addirittura possibili crisi. Ne riparleremo verso la fine della nostra conversazione.”
D: “E per tornare al confronto USA-UE, che abbiamo lasciato in sospeso, con quale velocità sono usciti gli americani dalla Grande Recessione?“
R: “Meglio della EZ, con un +2,5% del Pil, il che conferma, come abbiamo già visto, che gli yankee hanno vissuto e superato meglio il triennio 2008-2010.”
D: “E’ arrivato allora il momento di interpretare le ragioni di questa differenza e anche di quella tra Germania e resto dell’EZ.“
R: “Sì, ci proviamo. Cominciando da UE-USA io vedo due ordini di fattori: il primo di carattere strutturale il secondo, che discende dal primo, che riguarda le politiche e gli interventi posti in atto dai governi per reagire alla Grande Recessione.”
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NOTA: le fonti dei dati di questo post sono il World Economic Outlook del FMI e Eurostat. Tutti i dati del Pil riportati si riferiscono al Pil reale, depurato quindi dal fattore aumento prezzi, il cui conteggio definisce invece il Pil nominale. La differenza è sostanziale sopratutto in funzione del rapporto Debito/Pil: più è alta l’inflazione e più si abbassa il peso del debito, anche se l’economia reale non cresce. Si tratta di un’arma a doppio taglio, perché chi non riesce a recuperare il potere d’acquisto dovuto all’aumento prezzi abbassa il proprio tenore di vita. In ogni caso, Draghi non perde occasione per auspicare un aumento dei prezzi nell’EZ. E’ un pessimo sintomo di debolezza di Mr. BCE: non sarebbe certo un gran merito far ripartire il Pil (e ridurre quindi il rapporto debito/Pil) con l’inflazione! Ma questo i mass media non lo direbbero ed incenserebbero invece Draghi e la Merkel ….