Oggi i giornali cartacei e on-line danno per scontato che domani il Governo Renzi varerà il pre-annunciato taglio del costo del lavoro per 10 miliardi. Fuori dal coro questo articolo di Filippo Caleri pubblicato da IL TEMPO, che invece vede una clamorosa ingenuità del neonato governo: avrebbe dimenticato i vincoli europei. In settimana sarà sciolto il dubbio
IL TEMPO – Articolo di Filippo Caleri, 11 marzo 2014.
Il governo «scopre» che c’è il Fiscal Compact e deve rispettare il pareggio di bilancio Per sforare serve l’autorizzazione delle Camere e il via libera dell’Unione Europea
Salta il taglio del cuneo fiscale annunciato da Matteo Renzi. O meglio viene rinviato. Il consiglio dei ministri di domani, infatti, non deciderà il taglio dell’Irpef né tantomeno quello dell’Irap per un totale di dieci miliardi.
Poco importa che entrambe le sforbiciate siano state annunciate e considerate già praticamente fatte. Niente da fare. Bisognerà attendere ancora, almeno due o tre settimane. Che cosa è accaduto per provocare quello che si va profilando come il primo grande stop del governo Renzi? È successo che uffici governativi hanno fatto notare che l’intera operazione da dieci miliardi sarebbe stata finanziatacon uno scostamento consistente del bilancio. Un problema di non poco conto. In pochi infatti ricordavano che dal primo gennaio 2014 è efficace la modifica della Costituzione che ha previsto il pareggio di bilancio. È l’effetto del Fiscal Compact firmato sotto la pressione della crisi dello spread. Un trattato Ue che prevede che per procedere a consistenti cambiamenti bisogna seguire un’esatta procedura prevista dall’articolo 6 della legge 243 del 2012 che dispone l’attuazione del nuovo articolo 81 della Costituzione, che prevede il rispetto del pareggio di bilancio. L’articolo 6 che riformula in pratica l’articolo 81 stabilisce che «scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico sono consentiti esclusivamente in caso di eventi eccezionali». Questi secondo la legge devono essere individuati «in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea» e possono essere di due specie. Il primo se il Paese si trova in «periodi di grave recessione economica relativa anche all’area dell’euro o all’intera Unione europea». La seconda ipotesi è il caso di «eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese».Solo in questi due casi è autorizzato lo scostamento e il governo deve seguire un percorso preciso. L’esecutivo deve ritenere «indispensabile discostarsi temporaneamente dall’obiettivo programmatico». Quindi deve «sentire» la Commissione europea e successivamente deve «presentare alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, una relazione con cui aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica». Ma soprattuto, e questo è il passaggio che rischia di rinviare il taglio delle tasse, deve presentare «una specifica richiesta di autorizzazione che indichi la misura e la durata dello scostamento, stabilisca le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello stesso e definisca il piano di rientro verso l’obiettivo programmatico, commisurandone la durata alla gravità degli eventi». Dunque «il piano di rientro è attuato a decorrere dall’esercizio successivo a quelli per i quali è autorizzato lo scostamento per gli eventi, tenendo conto dell’andamento del ciclo economico».
Renzi anche se fosse dotato di poteri straordinari non riuscirebbe mettersi in regola avendo a disposizione solo oggi. Nel passaggio successivo della legge si dichiara esplicitamente che è comunque necessario un voto parlamentare. Infatti è scritto che «la deliberazione con la quale ciascuna Camera autorizza lo scostamento e approva il piano di rientro è adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti». Non sarebbe solo necessario che il governo presenti un proprio piano temporaneo di scostamento, ma anche che lo invii alle Camere, che queste si riuniscano, ne discutano e soprattutto si esprimano con un voto. Per quanto Renzi sia uomo che procede con passo spedito, è assai improbabile che tutto questo percorso si possa compiere un sol giorno.
Lo stesso premier lo sa bene e infatti, dopo l’annuncio di domenica nella trasmissione di Fabio Fazio «Che tempo che fa», ieri non ha ripetuto nuove dichiarazioni. Nessun tweet. Nessun comunicato. D’altro canto lo stesso ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan, nella conferenza stampa tenuta a Bruxelles si è ben guardato dal riferire che il taglio delle tasse certamnete sarà deciso domani. Non è un caso infine che ieri dalla presidenza del Consiglio è stato fatto filtrare che nel prossimo consiglio dei ministri ci potrebbe essere solo un «primo esame». Gli italiani possono attendere.
Filippo Caleri