Monti, se ci sei batti un colpo (per la crescita)!

Abile chirurgo o cinico macellaio? La riforma del lavoro non aiuterà la crescita, ci vuole ben altro!

Minti atterra in GiapponeAd appena due settimane dal mio precedente post sul governo Monti torno a scriverne, per parlare del tema di attualità, la  riforma del lavoro.  Che, diciamo subito, qualunque sia l’esito della negoziazione in atto con i sindacati e con il Pd, non rilancerà  quest’anno gli investimenti, la crescita e quindi neanche l’occupazione – destinata invece a calare sensibilmente.
Ma quando si deciderà il Presidente del Consiglio ad intervenire per rilanciare la crescita? Non ci sono ricette magiche, ma, come vedremo qualche spazio c’è. Ma per SuperMario pare che il rilancio dell’immagine dell’Italia presso gli ambienti finanziari e politici internazionali sia diventata la priorità assoluta. Speriamo che con il mega tour in Asia abbia concluso la sua abile campagna di comunicazione. Per concentrarsi finalmente sulla crescita e sull’equità.

La più che dubbia efficacia della riforma del lavoro.
Innanzi tutto cerchiamo di dare un contorno a questa benedetta riforma del lavoro, precisando subito che i licenziamenti in Italia sono sempre stati praticati, sia nella forma collettiva (per un numero maggiore di 5 lavoratori, attraverso cassa integrazione, mobilità ecc.), sia nella forma individuale. In entrambi i casi il pre-requisito è la giusta causa o il giustificato motivo oggettivo (un serio motivo aziendale) e ci sono naturalmente procedure, tempi e costi connessi.
L’Italia (lo dice l’Ocse) ha un grado di protezione superiore alla media europea per i licenziamenti collettivi, inferiore per quelli individuali. Ci si aspetterebbe quindi che la riforma in discussione riguardi più quelli collettivi che non quelli individuali, invece è esattamente il contrario. C’è qualcosa che mi sfugge, ci si potrebbe vedere un secondo fine, ma al momento lascio in sospeso questo punto.
Per quanto riguarda il fatidico articolo 18, la sua applicazione riguarda circa 6 milioni di lavoratori – su un totale di 22, tra privati, pubblici e autonomi – delle imprese italiane/multinazionali (sono quelle con più di 15 dipendenti).
Fonti autorevoli ci anticipano che, comunque si risolva lo scontro in atto sull’articolo 18, la riforma del lavoro modificherà in modo marginale la propensione agli investimenti, sia nazionali che internazionali. Queste fonti sono …….. l’OCSE e ……. lo stesso Mario Monti!

Andiamo per ordine. Pier Carlo Padoan è vice segretario ed economista dell’OCSE e in una recentissima intervista concessa all’Unità afferma: “La corruzione è causa e conseguenza della stagnazione dell’economia italiana. Per far ripartire il Paese non basta riformare il lavoro, bisogna combattere questi meccanismi più occulti. CorruzioneIl governo però si sta muovendo, ha chiesto aiuto all’Ocse e siamo contenti di darlo». Ancora: “Alcuni studi recenti dicono che la corruzione e la scarsa efficienza amministrativa sono le tra le principali cause della stagnazione dell’economia italiana. Che ci vuole più concorrenza in alcuni mercati, o che il mercato del lavoro dev’essere riformato si vede, ma anche queste cose più occulte rallentano la crescita. Quindi una politica di riforma deve agire sui mercati ma anche combattere questi fenomeni». Infine alla domanda esplicita se è l’articolo 18 a bloccare l’Italia, Padoan risponde: «No, è un insieme di cose, non c’è dubbio. L’azione per risollevare il Paese richiede un approccio multidimensionale, non ci sono scorciatoie».
In precedenza (14 marzo), nel corso di una audizione ufficiale Ocse davanti alla commissione Bilancio della Camera, l’economista aveva ripetuto gli stessi concetti, enfatizzando anche il contributo delle liberalizzazioni e dell’aumento della concorrenza alla crescita e la necessità di non ricorrere a condoni se si vuole veramente combattere l’evasione fiscale.

Ma è proprio Monti ad aggiungere una fortissima motivazione politica che sovrasta tutte quelle espresse da Padoan. Il 30 marzo, il giorno dopo aver suscitato un vespaio con i partititi per aver dichiarato dal Giappone che «Nonostante alcuni giorni di declino questo governo sta godendo un alto consenso nei sondaggi. I partiti no», ha scritto una lettera di riconciliazione che è stata pubblicata dal Corriere della Sera.
Ecco alcuni spezzoni: «Comincia a diffondersi l’apprezzamento per ciò che il nostro Paese ha saputo fare in pochi mesi in termini di riduzione del disavanzo, riforma delle pensioni, liberalizzazioni. L'inciucio dei politiciMa restano una riserva, una percezione errata, un forte dubbio. La riserva, comprensibile, riguarda il mercato del lavoro…………La percezione errata è quella che porta ad attribuire essenzialmente al governo («tecnico») il merito dei rapidi cambiamenti in corso. Il forte dubbio discende da quella percezione: è il dubbio che il nuovo corso possa essere abbandonato quando, dopo le elezioni parlamentari, torneranno governi «politici» ………….Ma le imprese straniere, come del resto quelle italiane, saranno riluttanti a considerare l’Italia un luogo conveniente nel quale investire e creare occupazione».
Come dire: la sfiducia nel mondo politico italiano attuale e futuro è così forte da limitare gli investimenti nella nostra economia. Alla faccia della riconciliazione! Con uno stile molto cool e british ha dato una mazzata ancora peggiore ai partiti (i quali hanno comunque abbozzato). Decisamente apprezzabile questa franchezza di Monti, peccato che non voglia/possa fare niente per avviare la madre di tutte le riforme, quella del mondo politico.
A tutto ciò aggiungo, personalmente, un altro elemento che trattiene gli investitori stranieri: l’incertezza sul futuro clima sociale italiano, che non sembra certo orientato al bello.

La riforma del lavoro e l’iniquità per i 50enni.
Non c’è dubbio che la riforma del lavoro vada fatta. Senza arrivare alla flessibilità degli Stati Uniti o dei paesi BRIC, Bacio tra Monti e Marcegagliase vogliamo che le nostra struttura industriale – sia quella che cresce grazie alle esportazioni sia quella prevalentemente rivolta al mercato interno – regga meglio il confronto con la concorrenza internazionale deve acquisire una maggiore  capacità di reazione e di adattamento. E’ chiaro che qui il discorso dovrebbe essere allargato alla capacità d’innovazione, agli investimenti in produttività e qualità, alla struttura del costo del lavoro, ecc. Ma ciò non toglie che la capacità di reazione, anche sul lato dell’organico, è diventato molto molto più importante che non in passato per le nostre imprese.

Il problema è che la riforma del lavoro andava fatta in presenza di un tasso di crescita accettabile, con le imprese in minore difficoltà e quindi anche meno tentate di abusare dei cambiamenti della riforma del lavoro. A scanso di equivoci, aggiungo subito – per diretta cognizione di causa – che non considero l’insieme della classe imprenditoriale italiana scorretto e giustizialista. Non mi sembra, per esempio, che l’assenza dell’articolo 18 per le imprese con meno di 15 dipendenti (che riguarda circa 9 milioni di lavoratori!) abbia determinato sfracelli.
Detto questo, però, la cautela è d’obbligo perchè l’impostazione dichiarata della riforma del lavoro è quella di uno scambio: aprire il mercatoMarchionne  e l'art.18 del lavoro ai giovani, con contratti meno precari puntando al contratto a tempo indeterminato, in cambio di maggiore libertà di licenziamento (Monti: “Le imprese hanno paura di assumere perchè è difficile licenziare”). E licenziando chi? I 50enni e ultra e qui scatta un problema di equità gigantesco! Ma come, non si è sempre detto che i giovani hanno l’ombrello protettivo della famiglia? Bene, allora diamogli il lavoro e licenziamo il padre! Al quale padre è già stato detto: “Devi lavorare fino ai 65 anni, avrai una pensione più bassa, devi pagare più tasse (Irpef e Imu) e tu e la tua famiglia avrete un maggiore costo della vita (a cominciare da accise benzina e IVA).
Come se non bastasse adesso rischia di sostituire suo figlio nel precariato del mondo del lavoro!! E non si tratta di una semplice inversione dei fattori, perchè qui il risultato cambia: infatti il costo del lavoro per le aziende interessate diminuirà, ed ecco affacciarsi la possibilità di abusi.

In materia di 50-60enni il governo Monti ha già fatto una pestata, dato che con l’allungamento dell’età di pensionamento ha creato la nuova categoria degli “esodati”. Si tratta di 300-400mila ex lavoratori dipendenti che avevano trovato un accordo economico per lasciare l’azienda in attesa della pensione Esodati manifestanoad una determinata scadenza, che adesso è stata posticipata. La ministra Fornero si è impegnata a risolvere il problema entro giugno (ci vorranno nei prossimi anni svariati miliardi di euro!).

Monti liberista.
Che Monti fosse un liberista lo si sapeva – basti ricordare la famosa multa alla Microsoft. Ma per il termine liberista esistono due varianti: liberista conservatore-estremista e liberista-liberale. Quando ha annunciato la triade rigore-equità-crescita lo si poteva interpretare come un liberista-liberale. Per quello che ha fatto finora sembra più un liberista-estremista. Alcuni sforzi di memoria: ricordate quando ha tentato di introdurre nella manovra SalvaItalia una tassazione maggiorata per le fasce di reddito più alte? E la rapida retromarcia innescata appena il Pdl ha alzato la voce?
Eppure a Monti quella mossa era ben chiara nella mente da tempo. Toglietevi lo sfizio di andare ad ascoltare quello che disse durante la puntata di OTTO E MEZZO del 20 ottobre 2011, a proposito della necessità per un governo tecnico di imporre uguali “sacrifici elettorali” ai due principali partiti: come esempio citò da una parte la riforma del lavoro e dall’altra una maggiore tassazione dei redditi più alti (questo è il link, andate al minuto 33 della trasmissione).
Finora non è stato proprio equidistante, tant’è vero che il Pdl si fa vanto (che pena!) che Monti stia realizzando il programma del governo Berlusconi. Un altro esempio? Monti, il cavallo e l'equitàLe liberalizzazioni non hanno affatto inciso sulla struttura degli oligopoli e delle corporazioni che ingessano l’Italia e per di più, appena taxisti, farmacisti e notai si sono fatti sentire il Presidente del Consiglio ha fatto rapida retromarcia. Che contrasto con la fermezza finora dimostrata sulla riforma del lavoro!

Quello che serve: crescita ed equità.
Ma torniamo alla sostanza,  cioè sul da farsi in materia di crescita ed equità. E a questo punto butto giù qualche idea e considerazione tra quelle che circolano già da tempo e che mi sembrano decisamente fondate.

  • In primis, perché non prendere il toro per le corna emanando efficaci misure anti-corruzione a cominciare dal mondo politico-amministrativo, elemento a cui sono molto attenti anche all’estero, tanto caro a SuperMario? Bisogna contrastare e bloccare il preoccupante salto di qualità del crescente intreccio tra politica-malaffare-mafia! E Di Pietro da tempo suggerisce alcune semplici misure legislative che farebbero già un bel po’ di pulizia!
  • La revisione della spesa (800 miliardi all’anno) e degli sprechi dell’amministrazione pubblica, che era stata preannunciata per fine febbraio, vedrà la luce presto o no (equità e crescita)? Con questo fondamentale riequilibrio strutturale dei conti pubblici, quella parte di italiani che sta facendo i maggiori sacrifici, comincerebbero a vedere veramente una via d’uscita.
  • E’ lo stesso ministro Passera a caldeggiare il rilancio degli investimenti pubblici – e le risorse ci sono –  magari, aggiungo io, avviando un serio programma di recupero delle zone critiche del  territorio italiano (crescita). Lo stesso ministro propone (e chi glielo impedisce?) di pagare almeno la metà dei 50-60 miliardi dei debiti della Pubblica Amministrazioe ai fornitori, dando ossigeno finanziario alle imprese.
  • Analogo discorso si può fare per consentire ai Comuni “virtuosi”(quasi tutti del Nord) che hanno disponibilità finanziarie (sembra si tratti di 35 miliardi di euro!) ma che non possono utilizzare per il patto di stabilità europeo. Miglior deroga non fu mai concessa (crescita).
  • Perché non mettere mano alla vendita, non dico tanto, di 40-50 miliardi del patrimonio pubblico (su 1800)? Cominciare ad abbattere il debito pubblico darebbe fiducia ai famosi mercati e anche agli italiani! Tenere questa mossa di scorta nel caso la situazione dovesse degenerare, non avrebbe senso perché a quel punto tutto sarebbe decisamente svalutato!
  • Perché non allargare l’applicazione della riforma del lavoro anche ai 3,4 milioni di dipendenti pubblici (equità), sopratutto dove si annidano le inefficienze e i fannulloni? La Grecia, nella situazione d’emergenza, lo ha dovuto fare drasticamente, ma a quel punto, c’è da scommetterci, ci sono andati di mezzo anche quelli che il loro dovere lo hanno sempre fatto.
  • La maggior parte degli italiani (non tutti…..) si attende rapidamente dalla lotta all’evasione risultati di rilievo e maggiori che non in passato. Perché non “girare” alle fasce più deboli le risorse recuperate che, in buona parte, si trasformerebbero immediatamente in consumi (equità)?

Monti Superman dopo la distruzioneNella stessa lettera inviata al Corriere della Sera Monti sostiene che gli italiani “hanno mostrato di comprendere che vale la pena di sopportare sacrifici rilevanti, purché distribuiti con equità, per evitare il declino dell’Italia o, peggio, una sorte simile a quella della Grecia“. Non vorrei che sopravalutasse o che abusasse della capacità di sopportazione degli italiani e voglio prendere – a costo di apparire ingenuo – quel “distribuiti con equità” come un impegno da concretizzare a breve termine, pena l’essere ben presto assimilato a quella classe politica che ci ha portato alle soglie del disastro. E sarebbe una vero peccato, una grande occasione persa per l’Italia e anche per Mario Monti, che di quel mondo politico non credo abbia una grande stima. Ma forse lui vede il suo futuro proiettato più all’estero, dove è di casa da tempo, che non in Italia. Ma dovrà presentarsi tra una anno con le credenziali di un abile chirurgo che ha salvato l’Italia. Non con quelle di un macellaio che l’ha strapazzata!

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2 thoughts on “Monti, se ci sei batti un colpo (per la crescita)!

  1. Caro prof, il rilancio del paese non si fa massacrando gli affitti, perchè sicuramente chi ha soldi non vive in affitto e chi ha soldi per pagare la mazzata sugli affitti cosa fa? …aumenta l’affitto…e chi lo paga?…chi non si può permettere di comperare casa

  2. Eh sì Michele, si chiama corto circuito! Ed è poi l’opposto del circolo virtuoso, che sembra non essere più di moda, anzi è proprio sparito dalla circolazione……
    Ciao, buone feste a te e famiglia.
    Uber.

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